Fondamentalmente il mito è un racconto che tende a dispiegare le origini di un popolo e di una cultura. Ma il mito è reale? Di più, il mito fonda la realtà di un popolo. Senza il mito una cultura si impoverisce pericolosamente, “poveri sono coloro che mancano di canti”, di narrazione mitica. Come il Dizionario dei simboli, appena ripubblicato, ci porta in tutta la storia e nei vari luoghi del pianeta, questo Dizionario dei miti, realizzato dai maggiori studiosi del tema, conduce al cuore fondante di ogni civiltà.978881641438
I saggi che compongono questo volume sono stati raccolti da Mircea Eliade nella fase matura della sua vita, riprendendo una serie di conferenze e articoli scritti nel corso di dieci anni.
Il celebre studioso romeno sentì infatti la necessità di tirare le fila delle sue ricerche per presentarle a un pubblico più vasto, soprattutto di non specialisti. Riteneva che le sue competenze di storico delle religioni potessero servire a mettere in luce i nessi fra molti fenomeni culturali contemporanei e gli universi di pensiero elaborati da comunità umane lontane nel tempo e nello spazio, permettendo così di capire meglio il presente, oltre che i meccanismi di funzionamento e l’evoluzione del pensiero.
Le indagini compiute da Eliade vengono insomma poste al servizio di un’opera di decifrazione delle radici nascoste di movimenti letterari, filosofici o artistici contemporanei, e di credenze, miti e mode dell’uomo moderno, compresi l’interesse per l’occulto e la stregoneria o le mitologie della morte.
Testimonianza conclusiva di una vita interamente dedicata alla ricerca scientifica e alla scrittura letteraria, il "Diario 1970-1985" di Mircea Eliade si presenta quale documento poliedrico di una feconda e appassionata apertura all'universo umano e alla sua storia. Note e riflessioni critiche, riletture ad appunti di viaggio ma soprattutto incontri e conversazioni e, al centro, una «geografia spirituale»: Parigi (la città dell'esilio); Bucarest e la terra romena (sempre dolorosamente presenti nella consapevolezza dell'impossibilità del ritorno); Chicago (il luogo dell'affermazione professionale) e l'Italia (direttamente scoperta nella prima giovinezza e sempre rivisitata, frequentata o sognata). «La vita come iniziazione labirintica», cifra dell'esistenza e personale religiosità, è il tema costante del Diario.
Allan è un impiegato della compagnia dell'ingegnere Narendra Sen. Ospite in casa sua dopo una lunga degenza per aver contratto la malaria, il giovane si innamora della figlia di Sen, Maitreyi. Tra i due nasce un amore appassionato e illecito. Il trasporto di Allan è tale che accetta di convertirsi all'induismo pur di sposarla, ma la sorella di Maitreyi, Chabu, riferisce ai genitori degli incontri notturni dei due, e Allan viene allontanato. Per dimenticare Maitreyi, Allan si ritira allora sui monti dell'Himalaya. Nel novembre del 1928 un ragazzo romeno poco più che ventenne parte per l'India con una borsa di studio. Vi resterà quattro anni. Mircea Eliade dirà di quel suo soggiorno: «L'India mi ha formato».
In questo libro traspaiono la pregnanza e la centralità del ricco patrimonio mitico, simbolico e religioso delle culture popolari dell'Europa balcanica (e in particolare di quella romena, quale «ponte» tra Oriente e Occidente), frutto dell'attività di ricerca e di docenza di Eliade in Romania prima dell'esilio. Tra i modelli simbolici trasmessi dalla spiritualità arcaica al Cristianesimo, e da questo assimilati e trasfigurati, viene qui illustrato il tema iniziatico del sacrificio creatore nei suoi molteplici rapporti e connessioni con i miti cosmogonici e antropogonici e con le leggende popolari relative ai rituali di costruzione, alle piante della vita, alla valorizzazione della morte, alla reintegrazione armoniosa nel Cosmo.
Tre intellettuali diversi per origine, estrazione sociale e fede, s'incontrano a Serampore, nei pressi di Calcutta, a cavallo degli anni Trenta del Novecento. La loro amicizia, nutrita dai comuni interessi culturali e spirituali, viene sconvolta da un evento straordinario: durante una calda notte estiva, persi nella fitta foresta del Bengala, sono testimoni dell'assassinio di una giovane donna. Un crimine che però è avvenuto in quei luoghi centocinquant'anni prima! Sospeso tra realtà e sogno, tra passato e presente, tra orrore e liberazione, Notti a Serampore rievoca in parte fatti e persone reali dei primi anni del soggiorno in India di Mircea Eliade, sviluppando concezioni della fisiologia mistica che sono parte integrante della «religiosità cosmica» del pensatore romeno. Un romanzo breve dell'Eliade «esoterico», che, attingendo al tantrismo e al folklore yogico, sa combinare in modo peculiare occultismo e magia.
Frutto delle ricerche condotte in India sotto la guida di S. Dasgupta e redatto nei primi anni Trenta, "Psicologia della meditazione indiana" (Psihologia meditatiei indiene) è il primo lavoro scientifico di ampio respiro del giovane Eliade: si tratta della sua tesi di dottorato, sostenuta nel 1933, che gli aprì le porte alla carriera universitaria. Il dattiloscritto della tesi fu scoperto negli archivi dell'Università di Bucarest dallo studioso Constantin Popescu-Cadem che lo pubblicò, inizialmente sulla "Revista de Istorie si teorie literarà" (1983-1985) e, successivamente (1992), come volume indipendente. Il lettore ha davanti il testo-base o lo "Yoga zero", all'origine degli sviluppi successivi sfociati nei vari libri che lo studioso romeno avrebbe dedicato all'argomento a partire dal 1936; esso getta nuova luce sull'approccio e le fonti di una ricerca sullo yoga, pionieristica e ancora in fieri, intrapresa da Mircea Eliade durante il suo decisivo contatto con la cultura indiana.
Nel 1935, quando "Gli Huligani" viene pubblicato in Romania, Mircea Eliade ha solo 28 anni, ma nel suo paese è già molto celebre. Il romanzo ottiene immediatamente un grande successo e diviene un caso editoriale. La critica reputa impudica l'intraprendenza delle ragazze di buona famiglia che animano il racconto, ma in realtà la ragione dello scandalo andrà ritrovata altrove. Attraverso la descrizione lucida e ironica della giovane borghesia romena affascinata dall'ideologia fascista e intossicata da un mito collettivo, Eliade dà un volto agli huligamn, quella generazione della barbarie nouvelle che vuole affermare se stessa costruendo l'uomo nuovo, l'unico - degno e coraggioso - del quale la Romania potrà andare fiera. L'accattivante impianto narrativo e le multiformi sfaccettature dei personaggi e dei loro sentimenti creano un'atmosfera che molto più di qualsiasi saggio prelude alle tragedie che incombono sull'Europa.
"Spezzare il tetto della casa" è un gesto che sta a significare l'apertura dell'uomo al divino. Nella costruzione della casa l'umanità crea il luogo della sua memoria e della conservazione di miti e riti. Nelle società più diverse, fino a tempi recenti, in momenti significativi della vita umana si è usato infrangere la copertura della propria dimora quasi a voler offrire, libera dal peso della materia, l'anima al suo destino. Tale gesto simbolico ci introduce a questo volume in cui la simbiosi tra Eliade narratore ed Eliade storico delle religioni si afferma con particolare nettezza in un insieme di riflessioni sulla creazione, nelle differenti accezioni del termine: i suoi simboli diversi e perenni, legati al sottile gioco che unisce la vita e la morte, vi sono descritti e decifrati in sintesi limpide e ricche di esemplificazioni. Questo libro è frutto di una lunga riflessione sull'ermeneutica del mistero della creatività, dove creazione divina (il mondo e l'uomo) e creazione umana (l'arte e Dio) si illuminano reciprocamente in un tutto composto da parti apparentemente diverse tra loro ma tutte ancorate risolutamente nella nostra epoca.
Oggi si sta comprendendo una cosa di cui il XIX secolo non poteva avere nemmeno un presentimento, ovvero che il simbolo, il mito, l'immagine appartengono alla sostanza della vita spirituale, che è possibile mascherarli, mutilarli, degradarli, ma che non li si estirperà mai... Le immagini, i simboli, i miti, non sono creazioni irresponsabili della psiche; essi rispondono a una necessità e adempiono una funzione importante: mettere a nudo le modalità più segrete dell'essere. Ne consegue che il loro studio ci permette di conoscere meglio l'uomo, l'"uomo tout court", quello che non è ancora sceso a patti con le condizioni della storia. Ogni essere storico porta con sé una grande parte dell'umanità prima della Storia. [...] Oggi si comincia a vedere che la parte anti-storica di ogni essere umano non affonda, contrariamente a quanto si pensava nel XIX secolo, nel regno animale e, in fin dei conti, nella "Vita"; anzi, al contrario deriva e si innalza ben al di sopra di essa: questa parte astorica dell'essere umano porta, come una medaglia, l'impronta del ricordo di un'esistenza più ricca, più completa, quasi beatifica.