Cosa spinge un uomo a riempire uno zaino e percorrere a piedi quasi novecento chilometri da Milano a Roma? Sulle spalle l'essenziale, davanti nessun sentiero, nessun compagno, nessuna prenotazione, affidandosi all'antica leggerezza del viandante. Dopo anni di itinerari predefiniti, Riccardo Finelli ha deciso di uscire dalle strade battute e tracciare il proprio cammino, seguendo una via dimenticata: il corso dei fiumi, che un tempo muovevano uomini, merci e mulini, e oggi scorrono pigri e abbandonati. Dal Naviglio Pavese al Tevere, passando per il Po, il Trebbia e l'Elsa riaffiora un'Italia di piccoli centri e borghi arroccati, malinconica, generosa e accogliente. Ne fanno parte Alessio, che tiene faticosamente in piedi l'oasi di Alviano; Lino, erede di una generazione di barcaioli che parla ancora la grammatica dell'acqua; o Francesca, che ogni giorno si muove sulle sponde che uniscono Lunigiana e Garfagnana. Ma un viaggio è fatto soprattutto di osservazione lenta e minuziosa, lunghi silenzi, sospensione di giudizio. In questo spazio di solitudine e libertà, emerge la vera vocazione del camminatore: non raggiungere la meta ma esplorare la strada, riscoprire località cancellate dalle mappe, prendersi il piacere di deviare verso la bellezza insospettata dell'ordinario. In questo libro, Finelli ci invita a seguirlo e a ritrovare quell'istinto vagabondo e transumante che per millenni ha accompagnato l'umanità.
Un amico che muore e decidere di partire è un attimo: destinazione Santiago, ottocento chilometri a piedi alla ricerca di qualcosa. Non della fede, perché Riccardo alle leggende su san Giacomo non crede. Non di una spiegazione: difficile che si annidi fra la paccottiglia che infesta il percorso. Nascono piuttosto altre domande, che si sgranano come un rosario al ritmo lento del viandante, sul significato di un'esistenza ingorgata di email e impegni, che lascia poco spazio agli affetti e alla famiglia. È l'incontro con i compagni di strada, ognuno alle prese con i propri dubbi, a regalare prospettive diverse e, forse, alcune risposte. Il viaggio, iniziato nello spaesamento e nel dolore, diventa così un'indimenticabile esperienza di vita, ricca di momenti di toccante intensità e di gioia pura. Una cena in compagnia, il gusto dell'acqua dopo la salita, il piacere della fatica, l'ampiezza dell'orizzonte, la disponibilità di ascoltare e farsi ascoltare... È questo il valore più autentico del Cammino: nella condivisione delle inquietudini accettare la propria fragilità e impegnarsi a inseguire un nuovo equilibrio che rimetta al centro dell'esistenza la felicità più autentica.