La morte di Costantino avvenuta il 22 maggio 337 e la drammatica successione che il 9 settembre dello stesso anno porta al trono i suoi figli, segnano un sensibile cambiamento di clima per la componente pagana dell'impero di Roma. In questo clima si colloca la composizione del De errore profanarum religionum di Giulio Firmico Materno. Le poche notizie biografiche dell'autore sono desumibili dalla Mathesis, un trattato di astrologia in otto libri, composto prima della fine del 337: siciliano, probabilmente di Siracusa, nato all'inizio del IV secolo, neoconvertito, possidente nella sua terra d'origine e preparatosi per l'awocatura (lo stesso stile del De errore profanarum religionum ne ribadisce la formazione retorica), esercita la libera professione con un atteggiamento intransigente e liberale. Questa stessa intransigenza anima l'opera da lui scritta allo scopo di dimostrare l'errore intrinseco di tutta la religiosità pagana e la verità costitutiva del cristianesimo, fondando sulle Scritture l'invito, rivolto direttamente agli imperatori Costante e Costanzo II a distruggere fino alle radici qualsiasi forma di culto pagano. Un'opera caratterizzata più da veemente vis polemica che da sistematicità argomentativa, che al tempo stesso si rivela per lo studioso del mondo religioso dell'età imperiale romana una fonte di primaria importanza per conoscere più da vicino i cosiddetti "culti orientali".