Questo saggio di Vilém Flusser - il più grande filosofo della comunicazione di area germanica del xx secolo - è un'analisi delle "nuove immagini" prodotte nella società dei media. Immagini che sono "tecnoimmagini" perché realizzate nell'era della tecnica. E che hanno determinato una decisiva mutazione dell'orizzonte conoscitivo. L'attuale età dell'informazione non è, però, né una catastrofe, né una benedizione. È, più semplicemente, un nuovo modo di stare al mondo, che coinvolge ogni aspetto della vita umana: l'estetica, l'etica, la politica, la religione. A partire da questa concezione, Flusser elabora un grandioso e ambizioso affresco, a metà tra la rigorosa argomentazione filosofica e una visionaria previsione sul futuro dell'umanità. Un'utopia che non va considerata una semplice proiezione fantastica di cosa accadrà un domani, ma una critica di un presente che contiene già in sé le molteplici potenzialità future. "Immagini" è un libro a più dimensioni: affascinante e superficiale, illuminante e contraddittorio, freddo come la telematica e poetico come solo può essere il pensiero di un uomo, che, giunto al limitare della sua esistenza, è costretto ad accettare la sofferenza quale tratto distintivo della vita stessa.
C'è ancora spazio per la libertà dell'uomo in un mondo in cui l'immagine si fa sempre più simbolo vuoto, in cui la tecnologia e le macchine si impossessano sempre di più del nostro quotidiano e i nostri pensieri e i nostri desideri sembrano robotizzarsi ogni giorno che passa? Muovendo da questa fondamentale domanda, Flusser si avventura nell'analisi di una disciplina imprendibile, dai contorni sfumati, in cui il confine tra tecnica e arte, tra riproduzione ed espressione, risulta per definizione ambiguo. Ridotta al mero statuto di duplicazione della realtà, svuotata del suo senso primario di "ricostruzione del mondo", la fotografia è per Flusser l'emblema della pericolosa deriva che oggi rischia di travolgere gli esseri umani: quello di essere schiavi di una tecnica priva di fondamento. Ecco il perché di una filosofia della fotografia: solo attraverso un suo ripensamento l'uomo potrà scongiurare la minaccia di asservimento alle macchine e ridare spazio a quella libertà e a quel senso che nell'era postindustriale sembra avere smarrito.
Una nuova opera di questo atipico pensatore che riflette in modo originale sull'impatto che i media hanno sulla nostra vita. Il mondo codificato in cui viviamo non è più sinonimo di progresso, ormai non racconta più storie, e vivere in esso significa smettere di agire. Quando qualcosa perde di significato si parla di "crisi dei valori". Questo perché siamo ormai dipendenti dal testo, anche per la storia, per la scienza, per la politica, per l'arte. Noi "leggiamo" il mondo, ad esempio dal punto di vista logico, o matematico. Ma la nuova generazione, che dipenderà dalla tecnologia non condivide i nostri "valori". E noi non sappiamo ancora attraverso quale nuovo significato la tecnologia che ci circonda, ci programmerà.