In un ampio e articolato ventaglio di temi e situazioni, tra presente e memoria, non solo personale, nella testimonianza attiva di uno sguardo aperto sulle molte trame che compongono un'umana vicenda, Biancamaria Frabotta realizza questa sua nuova, densissima opera. In "Nessuno veda nessuno" appaiono personaggi vari e anche figure anonime, volti di poeti che ritornano alla mente, compagni di strada che si ripropongono, come in un sorprendente affresco, nel concreto e insieme lieve dettaglio dei loro tratti e caratteri. Frabotta si rivede fin dall'infanzia e dal suo entrare nel mondo, nella sensibile delicatezza delle immagini che emergono da una memoria sempre attiva, delle figure familiari che ne accompagnano il sentimento, e ragiona su quella «melma / del tempo che ci governa e affonda». Le realtà indagate sono dunque innumerevoli, nel progetto forte di un'umana vita, quello di uscire, giorno dopo giorno, da una desolante «cecità senza visione». La poesia di Frabotta respira ad ampio fiato in un vasto territorio, fitto di presenze e riferimenti, muovendosi dal nascere della passione d'impegno sociale e politico, svariando da Epicuro a Trakl, dalla stella Sirio all'Africa della filosofia Ubuntu, in una continua circolazione di umori. In questa esplorazione senza confini, in questa diffusa meditazione lirica, appare anche un luogo di respiro e pace, immerso nella quiete maremmana, in un dialogo, a volte commosso, con presenze spontanee e naturali. Eccoci allora nel campo di un poema composto di interni capitoli sottilmente tra loro connessi, nell'invito incessante ad aprirsi - nel tono e nella pronuncia di una pacata, matura saggezza sensibile - alla necessità di una concezione del vivere che sappia «non farci sentire soli nell'universo». Siamo dunque di fronte a pagine di una intensa densità materica di parola e pensiero, a una riflessione poetica articolata e inquieta sull'esistere, sulla sua condizione precaria, ma nondimeno mirabilmente molteplice.
Con il passare del tempo e dei libri, la poesia di Biancamaria Frabotta tende a farsi sempre più umanamente saggia e pacata, sempre più amica e aperta. Lo si vede nella solida compostezza della pronuncia, nella capacità matura di saper conciliare il proprio sentimento dell'esistere con lo sguardo critico della ragione. "Da mani mortali" è un'opera in cui la poesia si confronta sensibilmente con la realtà naturale anche minima del mondo immediatamente circostante, con il pulsare e il crescere delle molteplici vite della campagna, di un semplice orto o di un giardino, sotto il "grande disordine del cielo". Un'opera che si confronta, passo su passo, con la misteriosa intelligenza della natura e dei suoi vari abitatori: vegetazione e animali di una vita che si manifesta nell'infinito articolarsi infinitesimale dei suoi ritmi e delle sue complesse variazioni stagionali, dei suoi aromi e della sua musica discreta. Mentre intorno si allarga l'ombra di un'ambigua apparenza indecifrabile che accoglie nelle sue mutazioni le tracce non sempre benefiche dell'opera umana, talvolta irretendola nel sogno di un dio stupito dalla "felice combinazione" del creato, quasi un adolescente solitario e immalinconito dalla diffidenza delle sue creature mortali.
Cinquanta anni e oltre di esperienze, memorie, riflessioni, domande forse senza risposta, di una donna poeta. Una voce inevitabilmente sola, divisa fra le tentazioni della viandanza e il richiamo della vita sedentaria, in una società di massa attraversata con sofferta partecipazione, in Italia e nel mondo: il Sessantotto, il femminismo, il sapere di tutti, la poesia plurale, la crisi politica e culturale del villaggio globale, all'inizio del nuovo secolo. "La memoria è un pittore cubista - scrive Biancamaria Frabotta -che mette insieme le due facce di ogni cosa, l'eternamente presente e l'eternamente fuggito, di fronte e di profilo, né si cura di colmare le lacune, l'espressione, i fili spezzati delle emozioni che allinea sulla tela per schedarle, più che per rappresentarle". In un quartetto che mette in musica la poesia delle idee, la prosa inclassificabile di questo libro ne esegue la partitura su diversi ma ben accordati strumenti. Cosa leggeva una bambina degli anni cinquanta innamorata dei libri? Quali le tappe di una iniziazione romana alla parola fra i "teneri sofisti" di una casta letteraria prevalentemente al maschile, in un mondo sempre più indifferente alla poesia? Quali le reazioni impolitiche al crollo del comunismo, all'invasione dei fondamentalismi, alle quotidiane stragi nel mondo del lavoro? Un autoritratto, o quasi. Una sinfonietta sul mondo interiore di quell'Esule involontaria che, oggi ma non solo, è la donna che vive, legge, scrive poesie.