Esce "Dai cancelli d'acciaio", a seguito della prova "in pubblico" durata un triennio inviando il romanzo (suddiviso in cinque fascicoli) a un centinaio di sottoscrittori che hanno sostenuto l'opera. Ora finalmente legato in un volume di oltre 500 pagine il maggiore romanzo di Frasca (ma ciò si può dire della sua opera in generale giacché ne contiene tutte le esperienze). È difficile raggiungere un punto di vista che possa descrivere l'opera costruita con profusione di tempo e competenze plurime, incompatibile con la merce romanzesca sui banchi delle compre. Leggerlo sarà "semplice" ma la prova (scommessa) dell'autore è di cambiare o almeno smuovere qualcosa nella vita di chi lo leggerà. Se avete occhi e avvertite un vento di trasformazione e siete in attesa di qualche mutamento, questo libro può aiutare, sostituendo parole invecchiate con parole piene di senso. Insomma, leggetelo solo se siete ancora vivi.
Il concetto di letteratura, emerso con la diffusione della carta e la successiva rivoluzione tipografica, e pienamente affermato con l’esplosione della stampa periodica, rico- pre a malapena un fenomeno essenzialmente linguistico ben più complesso, l’arte del discorso, che ha attraversato nel corso del tempo una varietà di supporti, stratificando- si a ogni nuova incarnazione mediale e assorbendo ogni volta le sue forme precedenti.
Un viaggio a ritroso tra i testi chiave della letteratura occi- dentale attraverso i rispettivi medium di fruizione per ar- rivare a comprendere che “le cose della cultura cambiano, mai troppo in fretta in verità e a ogni ennesimo nuovo supporto adibito alla trasmissione del sapere lasciano un fitto strato di detriti e un’innumerevole schiera di funzioni divenute commemorative, come riti di cui si sia perso il senso o pruriti di un arto amputato”.
Questo libro è l’esito di circa vent’anni di studi nell’àmbito delle letterature comparate, ai quali si sono affiancati al- meno altri sette in quello ancora tutto da costituire della comparazione fra media. — Gabriele Frasca
«La poesia, così come la prosa, sta semplicemente tornando a essere ciò che è sempre stata. Cinque secoli di silenziosa cultura tipografica sono solo una parentesi nella lunga storia, Foucault avrebbe detto "a pendenza lieve", dell'"arte del discorso" e della sua inseparabile gemella che riguarda tutti: "l'arte dell'ascolto". Ogni epoca può fare arte con i mezzi che si trova a disposizione, schizzare via più rapida di quanto ci sta già mutando, oppure ricorrere ai mezzi precedenti e già desueti, con i quali solitamente si cerca di tenere buoni e fermi coloro i quali, per loro stessa natura, sono in perpetuo transito. Se io metto su un congegno ad arte per tornare a ripeterti "sta buono lì", non è cambiato nulla, vuol dire che ho il mio interesse nel condividere la messa in stato con cui altre forze, mobilissime e fin troppo dinamiche, ci ripetono di stare tranquilli, perché tanto è tutto come prima. Ma se ti chiedo invece di "darti una mossa" e vivere veloce, allora vuoi dire che io, con te, quelle forze le voglio fregare, e che non voglio starmene fermo ad aspettare che decidano la mia sorte». Gabriele Frasca