"Noi pensiamo allo stesso tempo per parole e per immagini. Ma le regolarità esprimibili a parole e quelle contenute nelle immagini non sono le stesse. Con le parole, presentiamo una accumulazione; con le immagini, una totalità. Una 'cosa' (e quindi l'universo) appare diversa a seconda che la si presenti a parole o con le immagini. Le parole sono perfette per analizzare un'esperienza; per esprimere le totalità, abbiamo bisogno delle immagini. Costruire un'immagine - è questa, dunque, la contraddizione di fondo. Costruire: cioè mettere insieme delle cose elementari, e formare a partire da esse una cosa unitaria. L'immagine è invece fin dal principio una cosa unitaria, che perde qualsiasi valore se la si scompone, lo non conosco la realtà, ma mi sembra che la si possa affrontare solo con l'immagine. È ciò che fanno i cani, ma che può capitare di fare anche a noi. L'intera storia dell'umanità può essere rappresentata da una sequenza di immagini. Architettura: saper costruire. Non solo degli edifici: il campo d'azione è più vasto. Si parla di architettura di un romanzo, di una sinfonia, ma anche del corpo umano o del diritto romano [...] 'Architettura' significa anche assenza di regole prestabilite: è essa stessa a condurre alla creazione di regole. 'Architettura' implica una costruzione articolata, una costruzione bastante a se stessa".
il contenuto
A chi spetta il diritto di decidere in materia di architettura? Come assicurare questo diritto alle persone cui esso spetta? Come farlo in un mondo che va verso una povertà crescente? Come sopravvivere in tale mondo? Sono queste le domande a cui Yona Friedman cerca di rispondere nel presente libro, che non vuole lanciare l’ennesimo attacco all’architettura moderna, ma tentare di proporre soluzioni che rispettino le condizioni di sopravvivenza della specie umana. Di fronte agli attuali problemi di impoverimento e di esaurimento delle scorte diventa indispensabile un’architettura «povera» che riscopra i valori naturali e le tecniche compatibili con un modo di vita più sobrio. Risponde a queste esigenze l’architettura di sopravvivenza. Essa, a differenza dell’architettura classica che mira a trasformare il mondo per renderlo favorevole all’uomo, cerca di limitare le trasformazioni conservando solo le più necessarie perché l’uomo sia in grado di sopravvivere in condizioni sufficientemente favorevoli. In altre parole, l’architettura classica trasforma le cose per adeguarle all’uso umano, mentre l’architettura di sopravvivenza prova a trasformare il modo in cui l’uomo impiega le cose esistenti.
l'autore
Yona Friedman è nato a Budapest nel 1923. Vive e lavora a Parigi. Ha insegnato presso diverse università americane e collaborato con le Nazioni Unite e l’Unesco. Tra i suoi numerosi libri, in traduzione italiana: Per un’architettura scientifica (Officina, Roma 1971); L’architettura mobile (Edizioni Paoline, Alba 1972); Utopie realizzabili (Quodlibet, Macerata 2003).