"La pubblicità, uno dei mali più grandi di questo tempo, insulta i nostri sguardi, falsa tutti gli aggettivi, rovina i paesaggi, corrompe ogni qualità e ogni critica". Questa invettiva di Paul Valéry appare, oggi, più condivisibile che mai. E Mare Fumaroli ne ha d'improvviso piena consapevolezza "un certo mattino del settembre 2007", per strada, allorché "una minuscola conversione dello sguardo" gli permette di cogliere "l'assedio in piena regola" cui tutti noi siamo sottoposti, "presi e inghiottiti nell'esposizione universale, a getto illimitato e continuo, delle ultime attrazioni visive dell'arte delle arti contemporanee, il marketing". Per sottrarsi all'assedio, Fumaroli intraprende così un viaggio liberatorio, nel tempo e nello spazio, attraverso le arti visive e la storia della cultura dell'Occidente: dall'antichità greco-romana di un'Europa di cui Parigi è il cuore alle immagini di una contemporaneità di cui New York è la capitale. Un itinerario sinuoso come quello dei grandi viaggiatori del passato, sostando nei luoghi più disparati e concedendosi brevi o ampie diversioni, fra incontri di ogni tipo (dal Parmigianino a Duchamp a Warhol a Damien Hirst, da Chateaubriand a Baudelaire, da sant'Agostino a Kierkegaard, da Barnum a Buffalo Bill, da Vitruvio a Frank Lloyd Wright) - e dando libera espressione a entrambe le sue anime: quella di erudito e quella di affilato pamphlettista. Un viaggio per il quale il lettore gli sarà grato, purché sappia seguirlo nello spirito di quell'otium attivo...
Una raccolta di poesie di uno scrittore che trascina dietro di sè tutta un'epoca: Chateaubriand.
Marc Fumaroli, storico ma anche arguto chroniqueur, traccia della polemica che contrappose Antichi e Moderni a partire dal Seicento un'immagine viva e articolata, dando conto non soltanto del dibattito culturale attorno alla lingua, la poesia, il teatro, la scienza, l'arte, la musica, ma anche dei complessi legami che s'intrecciavano tra i letterati di entrambi i partiti, fra questi e la società mondana del tempo, fra questi e il potere politico.
Per buona parte del Novecento la parola "retorica" è stata usata in senso spregiativo, poi quanto più si approfondivano gli studi sulle origini e gli sviluppi della civiltà europea, tanto più si delineava un'altra storia che additava nella retorica il supporto e il tessuto connettivo di quella civiltà stessa.
La Francia è, al massimo grado, una nazione letteraria; anzi è, fra tutte, la nazione che con maggior continuità ha innalzato la letteratura al rango di simbolo della nazione stessa. Ma c'è di più: la letteratura ha contribuito a plasmare i costumi, assumendo un ruolo di primo piano nella sua storia politica e diventando un potere spirituale parallelo o rivale a quello della Chiesa.