La chiave di lettura dei quattro vangeli canonici si trova proprio nel loro ultimo capitolo. Ecco perché abbiamo quattro memorie totalmente differenti circa la risurrezione di Gesù, fatto centrale della nostra fede. In comune hanno solo che, il primo giorno della settimana, delle donne (una, due, tre o varie) hanno trovato un sepolcro vuoto e visto qualcuno in forma angelica che ha parlato con loro. Per il resto, ogni comunità ha una memoria completamente differente. Il motivo? Gli evangelisti non si sono preoccupati di descrivere che cosa sia avvenuto quel primo giorno della settimana, come se facesse parte del passato, ma hanno annunciato il "Gesù vivo" presente nelle diverse comunità e ci fanno capire come, a partire dalla loro realtà e dalle loro problematiche, le comunità devono vivere per "testimoniare" la loro fede nel Gesù vivo che, come ci dice Marco, ci precede in Galilea, dove lo vedremo (16,7). Per comprendere, allora, ciò che era "Vangelo" per le comunità di Marco dobbiamo partire proprio dall'ultimo capitolo. (dall'introduzione dell'autore).
Per essere testimoni del Gesù vivo, dobbiamo "Ricordare" che è stato condannato a morte perché è sempre stato dalla parte dei piccoli, dei peccatori, dei poveri, delle donne, contro tutte le forme di oppressione e di morte. Questo riassume "tutto" quello che le Scritture dicevano di Gesù e che le comunità di Luca non dovevano assolutamente dimenticare. E' la memoria viva della misericordia di Gesù (il suo cuore dalla parte dei miseri), che sarà presente in ogni pagina del Vangelo e che ci "ricorderà"che per questo Gesù è stato crocifisso. Mai dimenticarlo! Il "Vivente" porterà per sempre i segni del suo martirio/testimonianza che le nostre comunità devono dare, se vogliamo essere seguaci sul cammino del "Vivente". Il cammino e i tavoli sono gli spazi e i momenti che manifestano la misericordia di Gesù alle comunità di Luca e alle nostre. Con lui cammineremo, saremo suoi commensali per riuscire ad essere, con lui, segni della misericordia divina. Senza aver più paura della croce.
Le legioni di Tito, distruggendo Gerusalemme, sempre pensata come la città simbolo del regno di Dio, avevano messo in crisi le comunità di Matteo, di origine giudaica.
Anche la loro fede in Gesù di Nazaret era stata scossa, stava quasi per affondare, visto che molti autorevoli rabbini li stavano accusando di aver provocato l'ira divina per aver abbandonato i sacrifici del tempio, le pratiche di pietà e l'osservanza stretta della legge; avevano disprezzato l'insegnamento e le tradizioni dei padri per seguire un semplice galileo, senza istruzione né riconoscimento.
Come essere testimoni di questo Gesù vivo in mezzo a noi? Il Vangelo delle comunità di Matteo cerca di rispondere a questa domanda: Gerusalemme era già luogo di oscurità e di morte quando Gesù nacque e le sue pietre furono scosse da un terremoto quando egli morì le legioni romane avevano solo concluso il servizio. La chiesa, invece, era stata edificata su una pietra sicura che nessuno avrebbe mai distrutto; una casa costruita sulla roccia.
Antefatto
Un giorno, negli anni Sessanta, uno studioso della Bibbia tenne una lezione presso una piccola comunità di fede in una zona di forte impoverimento, situata in un’area rurale del Brasile. Disse che la legge biblica proibiva di mangiare carne di maiale (Lv 11,7 e Dt 14,8) e spiegò che questa norma era nata nel deserto: per il forte calore e l’impossibilità di usare sale, la carne di maiale marciva facilmente, e chi l’avesse mangiata in quella situazione sarebbe potuto morire. Ascoltando ciò, una persona presente disse: “Allora oggi, attraverso questa stessa Parola, Dio ci comanda di mangiare carne di maiale!” Davanti al disagio causato da questa affermazione, l’agricoltore, con le mani callose e il volto bruciato dai molti anni di lotta per la sopravvivenza, spiegò: “Oggi l’unica carne che abbiamo per noi e per i nostri figli è quella dei porcellini che noi stessi alleviamo. Se quella legge era stata pensata per tutelare la vita della comunità, allora oggi per proteggere la vita dei nostri bambini e della nostra comunità, Dio ci comanda di mangiare carne di maiale!” Fu così che si aprì agli occhi di quel biblista, un nuovo modo di leggere la Bibbia. Egli era arrivato alle sue conclusioni studiando archeologia, storia, filologia e metodi scientifici per interpretare le Scritture. Ma quell’uomo semplice, con i piedi ben radicati nella dura realtà in cui viveva e nella lotta in difesa della vita della sua gente, aveva fatto un’interpretazione del testo molto più profonda. Aveva scoperto lo Spirito di Dio dietro a quelle parole antiche, e allo stesso tempo, aveva riportato questo Spirito alla sua funzione primaria: la tutela della vita, nel momento presente e nella sua situazione concreta. Da questa esperienza nacque un nuovo metodo di lettura della Bibbia: una lettura fondata sulla realtà e sulla custodia della vita, conosciuta come “lettura popolare della Bibbia”. Quel biblista si chiamava Carlos Mesters e poco tempo dopo avrebbe fondato il Centro Ecumenico di Studi Biblici (CEBI). Il CEBI è nato nel 1979 in Brasile, con lo scopo di divulgare la lettura popolare della Bibbia e di formare persone all’uso di questo metodo. Il CEBI è un’associazione ecumenica senza fini di lucro, formata da donne e da uomini di diverse confessioni cristiane, riuniti nel proposito di dare forza e spessore a questo modo di leggere la Bibbia, affinché insieme a Gesù possiamo pregare: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.” (Mt 11,25). Il CEBI raggiunge oggi migliaia di comunità e di gruppi, aiutando popoli e genti diverse a riappropriarsi della Bibbia, e a trovare in essa luce e coraggio per resistere alle difficoltà, lottare per una vita dignitosa e recuperare la speranza. Il CEBI è particolarmente strutturato in Brasile, là dove è nato, ma porta avanti alcuni programmi di formazione anche a livello internazionale, in diversi paesi di America Latina e Caraibi, Africa e Europa.
Viviamo un’epoca di venti deboli, incapaci quasi di farci navigare in mare aperto. Abbiamo respiri corti, spesso in affanno, che a fatica permettono di farci camminare verso un’umanità condivisa e solidale. La voce delle donne, che esce dai testi biblici, ha la capacità e la freschezza di indicarci nuove pratiche e nuovi linguaggi che aprano al respiro della Vita. Dal loro grembo e dalle loro parole/azioni sgorga la difesa della Vita e per questo il volto del vero Dio “amante della Vita”. È una voce spesso messa a tacere da uomini-maschi detentori del potere e del sacro. Per secoli, una coltre maschilista ha avvolto la loro voce e nascosto le loro azioni. Sandro Gallazzi e Annamaria Rizzante sanno, con grande maestria e attenzione, ridonarci la voce e le gesta di queste donne bibliche, vere teologhe di un Dio che è “presenza liberatrice” in mezzo a noi. Scopriamo così, percorrendo queste pagine, in cui incontriamo Agar, Anna, Gomer, Rut, Ester, Maria e molte altre, quel vento di coraggio e di tenerezza che aleggia in tutta la storia biblica: è la Ruah del Signore, presenza materna e femminile di Dio, madre e padre della Vita.
Frutto dello scambio tra chiese, il libro del biblista Sandro Gallazzi, tramite una rigorosa esegesi, offre innumerevoli spunti per una comprensione attualizzante dei testi biblici, chiavi di interpretazione che rivelano ciò che la Scrittura manifesta e nasconde, per scoprire con semplicità e stupore quello che molto spesso una errata pastorale biblica non riesce a comunicare ai laici, ai corsisti delle nostre catechesi parrocchiali.