"Oggi i nostri volti di giovani ormai vecchi, scavati dalle febbri e dalle notti insonni, ci fissano impietriti, come estranei sperduti e dannati, dalle foto ingiallite conservate nelle scatole di cartone. Abbiamo ricostruito la nostra vita, abbiamo trovato un lavoro, ci siamo sposati, abbiamo creato una famiglia e atteso con pazienza che l'America rinsavisse. Ma nessuno di noi ha lasciato il Vietnam uguale a prima. Sì, eravamo soldati un tempo, quando eravamo giovani. E ora che siamo vecchi, siamo ancora soldati. Siamo soldati che piangono i giovani uomini e le giovani donne che sono morti su altri campi di battaglia, in altre parti del mondo, decenni dopo che la nostra guerra era finita così male. È facile dimenticare i numeri, ma come dimenticare le facce, le voci, le grida dei ragazzi che ti sono morti accanto? Anche chi di noi è riuscito a tornare a casa, non era affatto il giovane che era sbarcato lì. Gli studenti e gli scolari non mandano più a memoria i nomi e le date delle grandi battaglie, e forse è un bene, forse è un primo passo verso un mondo in cui le guerre non saranno più necessarie. Forse. Ma noi ricordiamo quei giorni e i nostri compagni. Perché nessuno di noi ha lasciato il Vietnam per davvero."