Nella linea di ricerca inaugurata con Storia e ideologia nell'Israele antico e proseguita poi con Mito e storia nella Bibbia, il nuovo volume di Giovanni Garbini raccoglie una serie di contributi recenti, in parte inediti, dedicati alla storia e alla cultura dell'Israele antico e ai loro sviluppi fino agli albori del cristianesimo. Preceduto da pagine che si muovono nell'ambito biblico dai primi capitoli della Genesi a profeti come Michea e Isaia, passando per i libri storici ai quali si deve gran parte della nostra conoscenza della storia antica di Israele, l'ultimo studio espone la problematica dell'esistenza di un vangelo aramaico di Matteo, di cui parla un celebre nome del secondo secolo cristiano, Papia vescovo di Ierapoli in Frigia. A detta di Garbini l'interesse di questo vangelo attribuito a Matteo - e scritto nella lingua parlata da Gesù stesso - sta nella straordinaria importanza che sotto il profilo sia cronologico sia letterario esso riveste per l'affermazione della forte componente giudaica che nei primi decenni del movimento cristiano venne a contrapporsi al filone più propriamente messianico che predicava l'imminenza del regno di Dio.
Vita e mito di Gesù muove dalla constatazione di come negli scritti neotestamentari racconti mitici ed eventi reali, azioni miracolose e sentimenti umani s’intrecciano e si rincorrono su uno sfondo che resta estremamente vago per ambientazione geografica e quadro cronologico, e ciò in testi che nel corso della loro trasmissione hanno subito interventi redazionali non lievi. In questo scenario si muovono le considerazioni di Giovanni Garbini, in un moto pendolare che dal vangelo conduce ai vangeli e dai vangeli fa ritorno al vangelo, alla predicazione di Gesù di Nazaret. La ricerca sul Gesù storico condotta dall’autore procede con criteri filologici, nella convinzione che un’approfondita analisi critica dei testi consente di risalire a quello che fu l’«evangelo» dell’uomo Gesù e ai principi da cui questi era guidato nei suoi rapporti con le autorità religiose, con i familiari, con le donne, sino forse a ritrovare un Gesù commensale (paraclites) che viene arrestato per essere condotto a morte mentre si trova a banchetto con i suoi discepoli.
Fra gli scritti rivenuti a Ugarit, per una circostanza fortunata i testi più importanti, anche se molto danneggiati, provengono da una biblioteca di qualche importanza e sono tutti attribuibili a uno stesso scriba: Ilumilku, grande sacerdote della corte del re Niqmadu ii (1370-1335 a.C.). Fra questi testi brilla "Il Poema di Baal", racconto in versi delle vicende che portarono Baal ad assumere una natura e un ruolo diversi da quelli originari: al termine del poema, il dio della tempesta di origine anatolica si muta nel re della regione dell'oltretomba ove risiedono anche i beati, i re divinizzati dopo la morte, i Refaim, nominati anche in una raccolta di molti secoli posteriore: la Bibbia ebraica. Le condizioni deplorevoli del testo rendono non di rado oscure le motivazioni di determinati atteggiamenti e la logica stessa delle vicende narrate, ma molti e frequenti sono nomi e motivi che il lettore della Bibbia trova qui non soltanto documentati ma anche forse meglio comprensibili.
Esperti guerrieri e abili navigatori, per circa un millennio i Filistei si irradiarono dall'isola di Creta per tutto il Mediterraneo antico, legando il loro nome a una realtà storica ancor oggi ben presente: la Palestina, la "Terra dei Filistei". Nel mondo antico, dei Filistei parlano soltanto i nemici, gli Egiziani, gli Assiri, gli Israeliti, e in età moderna e contemporanea questa popolazione continua perlopiù a essere ignorata, forse a motivo dell'immagine negativa trasmessa dalla Bibbia ebraica, fino a un secolo fa unica fonte d'informazione su questa antica popolazione mediterranea e la sua cultura. Il libro di Giovanni Garbini delinea la storia complessiva di questo popolo che ai vicini Ebrei diede molto più di quanto generalmente si tende a riconoscere e al quale forse si deve la trasmissione ai Greci di un alfabeto provvisto di vocali. La seconda edizione che qui si pubblica rettifica e integra la prima da tempo esaurita, dalla quale si distingue anche per nuove appendici e nuovi indici.
Dalle religioni semitiche al giudaismo e al cristianesimo
Per quasi duemila anni il Cantico dei cantici è stato letto da ebrei e cristiani in chiave allegorica, ossia in un modo diverso da quello con cui si legge tutto il resto della Bibbia. Il ricorso all'allegoria, che conferisce al testo un significato estraneo, è stato per così dire inevitabile di fronte a un'opera talvolta incomprensibile alla lettera. In questo lavoro di Giovanni Garbini i numerosi e svariati problemi posti dal Cantico sono affrontati in una maniera radicalmente nuova. La ricostruzione filologica del testo attraverso le più importanti testimonianze pervenuteci, dalla tradizione manoscritta ebraica alle versioni antiche, ha consentito di recuperare un'opera che, sotto l'esile velo del linguaggio amoroso, espone la più originale e rivoluzionaria concezione teologica del pensiero occidentale, senza la quale sarebbe forse impensabile lo stesso cristianesimo. Si può ora comprendere perché il mistico Rabbi Aqiba soleva dire che «tutto il corso del tempo non è degno del giorno in cui è stato dato a Israele il Cantico dei cantici», il più recente ma anche il più importante dei libri della Bibbia ebraica.
Dalla cosmogonia fenicia che impronta il primo capitolo della Genesi e dai testi per molti versi enigmatici del cantico di Debora e del libro di Giobbe alla singolarità di una letteratura che benché si sia sviluppata in gran parte sotto regimi monarchici e pur essendo espressione di gruppi dominanti non ha tuttavia conservato né scrittori filomonarchici né, in generale, filogovernativi, questa nuova opera di Giovanni Garbini mira a porre le basi per la ricostruzione di un quadro cronologico plausibile e coerente delle diverse fasi letterarie, storiche, politiche e religiose del giudaismo postesilico. Ne risulta un'immagine della letteratura ebraica antica che prende vita sia nei moduli adottati da scritti spesso lontani per genere letterario, sia nelle tendenze ideologiche che la animarono, sia nei risvolti politici e religiosi di testi che erano espressione delle varie componenti e dei diversi ambienti della società israelitica.
In questo nuovo lavoro Giovanni Garbini presenta tutta la produzione epigrafica di Fenici, Aramei, Ebrei, Nordarabici, Sudarabici, Etiopi dalla metà del II millennio a.C. alla metà del I d.C. Le pagine di Giovanni Garbini sono un saggio storico, che per mezzo di un ricco materiale epigrafico - più di 150 sono le iscrizioni riprodotte nel testo, accompagnate da traslitterazione e traduzione - contribuisce a chiarire situazioni storiche e culturali fino a oggi non percepite nel giusto valore. Senza queste iscrizioni nulla si saprebbe della civiltà sudarabica o della più antica civiltà etiopica o dei carovanieri e dei nomadi che percorrevano le piste del deserto arabo-siriano, e certo molto meno si conoscerebbe dei Fenici e delle vicende più remote di Siria e Palestina.