"L'eterno rivale" è uno dei tre romanzi di Jane Gardam che compongono uno straordinario ciclo letterario. I protagonisti sono accomunati soprattutto dal fatto di essere «orfani dell'Impero Britannico», nati in paesi asiatici dall'ultima generazione dei funzionari coloniali. Un gruppo di (ciascuno a modo proprio) «sbandati», eccentrici: ricchi, privilegiati, segnati da qualcosa di profondo e oscuro, legati a doppio filo dalla competizione e dal disprezzo reciproco. Ogni volume è autonomo e non vi è una sequenza cronologica: la stessa vita collettiva è raccontata ogni volta partendo da un punto di vista diverso, e focalizzando non una ripeti-zione della stessa vicenda ma una vicenda nuova, la quale diventa la chiave per leggere nuovamente gli stessi personaggi. Al centro del gruppo c'è il ricco e affermato legale Sir Edward Feathers, il comune «amico» che collega tutti, soprannominato Old Filth («Vecchia Schifezza»), dalle iniziali di Failed In London Try Hong Kong. In questo romanzo, per la prima volta tradotto in italiano, sotto i riflettori c'è Sir Terence Veneering, Terry, l'eterno rivale, anch'egli avvocato di fama. Per entrambi, e per ragioni diverse, la lo-ro «patria non era mai stata l'Inghilterra». Tra di loro sessant'anni di competizione, «un'ostilità inesplicabile. Un intruglio da streghe. O una semplice avversione reciproca». Alla fine dei loro giorni per «una burla degli oziosi dèi dell'Olimpo» si sono trovati a vivere in lussuose dimore a poca distanza, nel ritiro dorato del Dorset. Ma una burla più feroce c'è stata sempre sotto il loro rapporto, riguardante la moglie di Filth, la magnifica Betty. Adesso che sono morti la storia è ricordata da due coetanei, la svanita Dulcie, «gran dame del villaggio», e il sempre snobbato avvocato Fiscal-Smith. I due «ultimi amici» consegnano inaspettati segreti, mentre trascinano anche loro gli ultimi passi e gli estremi ricordi personali. Una scrittura distaccata e dotata di un umorismo basato sulla distanza tra le intenzioni e la realtà consente all'autrice di esprimere il modo di vivere accanito e disarmato dei suoi personaggi e la situazione storica che hanno vissuto e che rende ancora oggi la Gran Bretagna un paese unico al mondo.
Dopo "Figlio dell'Impero Britannico", incentrato sulla vecchiaia di Old Filth, "L'uomo col cappello di legno" punta l'obiettivo sulle sue vicende coniugali, dall'incontro con Betty in una Hong Kong ancora coloniale, satura di odori, di rumori e di colori, al matrimonio, al viaggio di nozze in India e alla scelta finale di ritirarsi nelle campagne del Dorset per la vecchiaia dopo il traumatico passaggio di consegne della città alla Cina popolare. Ma non tutto è lineare come sembra. Dietro la facciata della rispettabile coppia britannica che ha sempre condotto una vita morigerata e tranquilla vivono, sopite ma non troppo, travolgenti passioni che si intrecciano tra Hong Kong e la Londra degli anni Sessanta con insospettabili ed eccentrici personaggi: il nano che tiene sempre un mazzo di carte nascosto nell'enorme cappello, la bellissima nonché omosessuale decifratrice di messaggi criptati, l'avvocato bellissimo e sbruffone che si fa largo più con il suo charme che per le sue doti professionali. Indimenticabile la descrizione degli ultimi residenti inglesi a Malta che affogano nel sole e nel vino, come in un moderno paese dei lotofagi, il disagio per l'imminente fine del dominio coloniale sull'isola. Jane Gardam riesce a trasmettere in profondità l'idea britannica di britannicità, spesso sorprendentemente diversa dai luoghi comuni da cui è inficiata la nostra visione del popolo anglosassone.