Ai giardini ci sono solo loro due. Si fronteggiano da due panchine distanti. Poi la bambina si alza, e si muove decisa verso il ragazzino. "Ciao. Sono Alida". Le città della pianura padana, in estate, quando l'afa invade le strade deserte, hanno qualcosa di allucinato, immobili come sono sotto il loro cielo ingannevole. Silenziose, con quell'eco lontana di campagna che nessuno più riconosce. Desolate e vuote, salvo i pochi abitanti rimasti per forza: chi non è potuto partire, qualche anziano, le donne straniere che se ne prendono cura e certi ragazzini sperduti nella loro solitudine infantile. Come Giacomo, arrivato ai giardini a bordo della sua inseparabile bicicletta rossa. E come Alida, in compagnia dell'immancabile cellulare. Lui scappa da un funerale, quello del nonno terribile che nessuno amava e che ora tutti compiangono. Lei fugge dalle ossessioni di una madre che vorrebbe controllarle anche il respiro perché non subisca le sue stesse ferite del corpo e dell'anima. Lui è convinto di essere un assassino. Lei di essere la responsabile dell'infelicità materna. E con quella sintonia istintiva e naturale, che solo i bambini sono capaci di provare, decidono di andarsene insieme. La loro scomparsa, e la disperata ricerca che subito inizia, costringerà la famiglia di Giacomo e la madre di Alida a fare i conti con i fantasmi del loro passato, con le loro colpe e i loro errori. Li costringerà a essere adulti.
La vita di Barbara è cambiata all'improvviso a poco più di quindici anni, quando per un tuffo in acqua troppo bassa è rimasta tetraplegica. Quindici anni è l'età delle prime cotte, delle prime schermaglie, dei batticuori. E del sesso. Di tutte le perdite che l'incidente ha portato con sé, la più insopportabile è proprio il pensiero di restare vergine per sempre. Vergine non solo nel corpo, ma di esperienze, di vita, di sbagli, di successi, di fallimenti, di viaggi, di sole. Armata di coraggio, ironia e molta curiosità, Barbara affronterà tutte le rivoluzioni imposte dalla nuova condizione, fino a ritrovare se stessa in un corpo nuovo. In una girandola di situazioni tragicomiche e di ragazzi e uomini impacciati, generosi, a volte teneri, a volte crudeli, Barbara compie la sua iniziazione al sesso e all'amore. Con gli stessi slanci, le delusioni, gli entusiasmi che tutte le donne, anche quelle con le gambe, conoscono molto bene.
Lena è giovane, bellissima e intelligente e accanto ha un marito che farebbe qualunque cosa pur di renderla felice. Ma lei non sa più dare né ricevere amore fin da quando - aveva nove anni - qualcuno le ha rubato l'innocenza, segnandola per sempre. Un segreto nascosto con cura, sepolto nell'anima, un fantasma di cui però non riesce a liberarsi e che a poco a poco sgretola il suo equilibrio. L'affetto e la dedizione di Lorenzo non bastano, e nemmeno la nascita di Prisca scalfisce la scorza di questa donna gelida, nemica, distante. C'era la guerra all'epoca in cui Lena aveva vissuto sulla propria pelle la follia degli adulti; da allora è trascorso molto tempo, eppure lei continua a combattere un'infinita battaglia dentro se stessa, contro i demoni che l'assediano. La sua bambina la teme e la respinge fino al punto di odiarla, di non volerla vicino, e la tragica scomparsa di Lorenzo accelera il distacco della figlia dalla madre. Un rapporto distruttivo, logorante, che lentamente intacca anche la psiche di Prisca, inducendola a difendersi con una straziante, terribile forma di rifiuto... Ambientata fra il 1939 e i giorni nostri, una storia di infanzia tradita, di sentimenti calpestati, di amori molesti, cui la scrittura limpida e affilata di Barbara Garlaschelli imprime un pathos e una drammaticità crescenti, che catturano il lettore sino al liberatorio finale.