Risultato delle lezioni della Cattedra Cardinal Mercier, tenute da Gilson all'Università di Lovanio nel 1952, Le metamorfosi della città di Dio è un brillante excursus del concetto di "città di Dio" da Agostino a Comte, passando attraverso Ruggero Bacone, Dante, Cusano, Campanella, l'abate di Saint-Pierre, Leibniz. Il filo rosso è la trasformazione del concetto agostiniano di civitas Dei nella Cristianità medievale, e , successivamente, nella società universale degli uomini che sta al centro del pensiero moderno. La metamorfosi è il risultato della secolarizzazione dell'ideale originario. L'ultima sua forma è l'Occidente europeo, la cui costruzione ideale, come si ricava da molti passi del volume, è, tra approvazione e riserve, il vero tema del testo di Gilson.
Chiamato al compito abbastanza difficile di definire lo spirito della filosofia medioevale, ho accettato, pensando all'opinione assai diffusa che, se il Medio Evo ha una letteratura e un'arte, non ha una filosofia propria. Tentar di sceverare lo spirito di questa filosofia, era impegnarsi a fornire la prova della esistenza, o a confessare ch'essa non è mai esistita. Cercando di definirla nella sua propria essenza, mi sono visto condotto a presentarla come la "filosofia cristiana" per eccellenza. Non si tratta di sostenere che il Medio Evo abbia creato questa filosofia dal nulla, non più di quanto abbia tratto dal nulla la sua arte e la sua letteratura. Non si tratta neppure di pretendere che nel Medio Evo non ci sia stata altra filosofia che la cristiana, non più di quanto si potrebbe pretendere che tutta la letteratura medioevale e tutta l'arte medioevale siano cristiane. Il solo problema da esaminarsi è sapere se la nozione di filosofia cristiana abbia un significato, e se la filosofia medioevale, considerata nei suoi rappresentanti più cospicui, non ne sia precisamente l'espressione storica più adeguata. Lo spirito della filosofia medioevale, quale lo s'intende qui, è dunque lo spirito cristiano, che penetra la tradizione greca, la elabora dall'interno e le fa produrre una visione del mondo, una Weltanschauung, specificatamente cristiana.
En este libro, inédito hasta ahora en español, descubrimos un ensayo brillante del Gilson maduro, una disertación otoñal sobre las ideas más queridas del gran medievalista, presentadas en tres niveles: la filosofía cristiana en general, la metafísica de Tomás de Aquino, y la manera en que Gilson interpreta ésta. Gilson, que no duda en declararse tomista, expone las razones filosóficas que que le llevan a encontrar en santo Tomás un gran maestro. A la vez perturbador y luminoso, este texto plantea de nuevo las cuestiones del ser y la esencia, de los fines y las causas, de la relación entre el Dios de la filosofía y el Dios de la Revelación, de ese Dios que se ha llamado a sí mismo `El que es`, y de la manera innovadora en que Tomás repropuso la tradición. Todo ello hace de esta Introducción una magnífica puerta de entrada a Tomás de Aquino, a Gilson como intérprete de Tomás y a Gilson mismo.
In questo piccolo libro, Étienne Gilson (1884-1978), filosofo cattolico neotomista si occupa di due autori apparentemente lontanissimi dal suo campo di indagine: François Villon, il poeta francese del Quattrocento autore della celeberrima Ballata degli impiccati, ladro, malfattore, bandito, per lo più ritenuto ateo; e François Rabelais, l'autore del Gargantua e Pantagruele, letto generalmente come pre-libertino, carnale, pagano e mondano, fastidito dalla teologia proprio a causa del suo passato di frate francescano. «Bisognerebbe mettersi nelle condizioni di comprendere i testi, prima di commentarli». Sulla base di questo principio, Gilson smonta queste immagini semplificate dimostrando la familiarità di Villon e Rabelais con la Bibbia, la patristica e il lessico filosofico medievale, il che dà ancora più forza alla posizione di eccentricità scelta dai due scrittori. Basta leggere il Gargantua, dice Gilson, grattare appena la superficie delle parole e delle locuzioni, per trovarvi la ripresa di luoghi biblici e teologici, così familiari all'orecchio dell'uomo medievale, da non poter sfuggire nemmeno al più distratto dei commentatori. È una lettura che fa giustizia di tanti facili alibi storiografici, come la "frammentazione postmoderna". Non ci sono frammenti se non dove non si ha voglia di raccoglierli: questa è la sostanza del monito di Gilson, a suo modo progressivo e, nel nostro tempo, anche costruttivamente eretico.
Lo scozzese Giovanni Duns Scoto (1265-1308), contemporaneo di Dante Alighieri, figura tra i più conosciuti pensatori del medioevo. Divenuto francescano, si formò a Oxford e a Parigi e vi insegnò la teologia commentando ripetutamente il libro delle Sentenze del Lombardo. Operò un trentennio dopo la morte di Tommaso d'Aquino, risentendo del clima profondamente mutato a partire dalle condanne parigine e oxoniensi del 1277. Dopo un periodo di incertezze, il suo credito crebbe presso i teologi dell'ordine di san Francesco, dando origine, al pari di san Tommaso, a una vera e propria scuola scotista che attraversò i secoli. Etienne Gilson (1884-1978), il grande storico della filosofia medievale, non potè non incontrarlo di continuo nel corso della sua longeva vita di studi, ma il suo interesse si concretizzò in una monografia tutta dedicatagli solo molto tardi. Infatti tra gli ancora validissimi e fondamentali volumi gilsoniani su alcuni dei principali pensatori medievali (Il tomismo - con le sue sei edizioni dal 1919 al 1965 che ci offrono in realtà libri molti diversi -, La filosofia di san Bonaventura del 1924, Introduzione allo studio di sant'Agostino del 1929, La teologia mistica di san Bernardo del 1934), quello su Giovanni Duns Scoto, apparso nel 1952, è cronologicamente l'ultimo.
772 páginas
«Nada hay más legítimo, desde el punto de vista de la historia general de la filosofía, que preguntarse qué fue de los problemas filosóficos propuestos por los griegos durante los catorce primeros siglos de la era cristiana. Sin embargo, si se quiere estudiar y comprender la filosofía de esta época, hay que buscarla donde se encuentra, es decir, en los escritos de los hombres que se consideraban abiertamente teólogos, o que aspiraban a serlo. La historia de la filosofía en la Edad Media es una abstracción tomada de la realidad más vasta y global que fue la teología católica en la Edad Media.»
Étienne Gilson (1884-1978), filósofo e historiador de la filosofía, ofrece una gran panorámica del pensamiento desde los orígenes patrísticos hasta finales del siglo XVI, un paisaje intelectual mucho más rico y variado de lo que se cree a menudo, con cimas destacadas (Juan Escoto Erígena, san Anselmo, santo Tomás de Aquino, Guillermo de Ockham...) sobre un fondo de gran profundidad (filosofías árabe y judía, fundación de las universidades...). Con este renovador estudio de conjunto, Gilson elimina dos tópicos que, por desidia, se mantienen como difusas nociones generales: que no hubo gran filosofía en la Edad Media y que no ha habido una filosofía específicamente cristiana.
"Una visión panorámica del pensamiento filosófico desde los orígenes patrísticos hasta finales del siglo XVI que pone de relieve la abundancia y la riqueza del pensamiento medieval y cristiano."
In questo volume l'autore riesce a promuovere un confronto decisivo tra i più importanti temi della filosofia e quelli della biologia proprio attraverso il recupero della nozione aristotelica di finalismo. Il finalismo, pur avendo una storia che lo ha legato fortemente alla riflessione teologica, originariamente è stato elaborato da Aristotele per affrontare gli interrogativi che il mistero della vita pone a coloro che la possiedono. Questi interrogativi fanno convergere sia la scienza che la filosofia verso la nozione di finalità che non è semplicemente una "soluzione" alle domande scientifiche e filosofiche, ma è una vera e propria "apertura" che il desiderio di sapere scava per potere andare al di là di ciò che si osserva.
GLI AUTORI
Étienne Gilson (Parigi 1884 - Cravant 1978), formatosi alla Sorbona, subì l'influsso di H. Bergson e di L. Lévy-Bruhl. Insegnò presso le università di Lilla (1913) e di Strasburgo (1919); fu poi professore di filosofia medievale alla Sorbona nel 1921, e nel 1923 insegnò al Collège de France. Dal 1929 fu direttore del Pontificio Istituto di Studi Medievali a Toronto.Accademico di Francia, è da considerarsi come uno dei maggiori storici del pensiero filosofico medievale. Di Gilson Marietti ha pubblicato: “Introduzione allo studio di Sant'Agostino” (1983).
La collana “I Kaladri” si inserisce nella “collana di filosofia” della nostra casa editrice con due volumi di enorme importanza: Gilson e Fabro. I due saggi saranno usati presso le facoltà di filosofia dell’Università di Modena e Reggio Emilia.