Ricercatore appassionato e acutissimo, ma anche narratore di straordinaria efficacia, nelle Leggende degli ebrei Ginzberg è riuscito a dar conto della vertiginosa stratificazione delle storie, delle parabole, delle divagazioni che la tradizione ebraica ha tramandato in margine al testo biblico in un racconto affascinante che dalla creazione e dal diluvio si dipana fino al ritorno dalla cattività babilonese e alla strabiliante avventura della regina Ester, passando per le vicende dei patriarchi e delle loro molte spose, le aggrovigliate storie dei dodici figli di Giacobbe, la tormentata epopea di Mosè, la lunga erranza del popolo d’Israele nel deserto e il suo ingresso nella Terra Promessa.
Il primo volume contiene l’intero corpus delle leggende, il secondo l’apparato critico costituito dalle Note con i riferimenti e il commento dell’autore, dal Repertorio bibliografico e da un Glossario dei termini ebraici, cui si affiancano qui, per la prima volta, un corposo Indice analitico e un Indice delle fonti.
Si assiste, in quest'ultimo scorcio della storia biblica del popolo ebraico, a un vertiginoso incalzare di eventi, come se tutto fosse contagiato da un'accelerazione incontrollata. Dall'ingresso in Terra Promessa sotto la guida del taciturno ma bellicoso Giosuè alle prodezze di giudici e condottieri, dall'istituzione di un'imperfetta monarchia allo scisma nazionale, dall'esilio babilonese alla strabiliante avventura della regina Ester, ogni cosa avviene secondo un ritmo ben diverso da quello che anima le storie precedenti, dove i patriarchi e le tribù si muovono in un mondo lento come il passo dei cammelli nel deserto. Qui tutto cambia, in primo luogo perché dominano i fatti di sangue e di guerra; ma anche nei rari periodi di pace c'è come un'ansia, una frenesia, che produce un veloce susseguirsi di accadimenti, con i protagonisti che sembrano in preda alla fretta di dire, di fare. Persino l'epopea del grande Salomone è una rapida sequenza di immagini da cui emerge un sovrano ambivalente, grandioso e meschino al tempo stesso, sapiente e insieme terribilmente incauto. Le contraddizioni che dominano l'intero corpus di racconti sembrano qui moltiplicate, ingigantite fermo restando lo sforzo continuo, e a volte sovrumano, di intravedere la mano di Dio e la sua parola nelle aporie della storia, in ciò che non è dato capire. Una storia più avvincente che mai, certo più imprevedibile che in passato.
In questa quinta tappa del viaggio di Louis Ginzberg attraverso la tradizione ebraica, in margine alla Bibbia, prosegue e si conclude l'epopea di Mosè, tormentato e persino ritroso intermediario fra cielo e terra, ma anche audace condottiero in quel deserto fitto di insidie in cui i figli di Israele errano (nel duplice senso del termine) per quaranta, lunghi anni. Sono pagine ricche di eventi, in vertiginosa oscillazione tra vette e bassure: la montagna in cima alla quale il profeta parla con Dio - e da Lui riceve la Legge - e il fondovalle dove gli ebrei attendono, divisi tra fervorosa attesa e cupo sconforto; la costruzione del Tabernacolo e dell'Arca Santa, suggello del patto tra Dio e il suo popolo, e la trasgressione in cui quest'ultimo puntualmente cade, come nell'emblematico episodio dell'adorazione del Vitello d'Oro. Una dinamica fra meriti e colpe, castighi e retribuzioni scandita da un susseguirsi di immagini nitide, ora struggenti ora crudeli, fino al culmine lacerante della morte del protagonista. Via via privato dal Signore dell'ispirazione profetica e incapace ormai di comprendere le parole della Legge, Mosè cerca almeno di stornare da sé la tremenda condanna di non poter calpestare la Terra Promessa. Invano: la potrà scorgere soltanto di lontano, dalla cima del monte in cui Dio lo porta a morire, ma in quell'istante essa sarà tutta e solo per il suo sguardo.
Fra gli eroi dell'Antico Testamento, Mosè è forse quello che più di tutti ha rappresentato, agli occhi degli uomini di ogni tempo, l'avvolgente complessità e l'inesauribile ricchezza del testo biblico. Protagonista del ciclo narrativo più ampio, personaggio multiforme e contradditorio, diviso fra due terre e due appartenenze, in bilico fra elezione e condanna, Mosè è lo straniero e il liberatore, il taumaturgo e l'inadempiente. Ma soprattutto ha il ruolo supremo di colui che incarna la Legge, e con ciò l'idea stessa di monoteismo.
Lo straordinario racconto di Ginzberg, che attraverso una minuziosa e lunga ricerca sulle fonti dilata lo scarno testo biblico ad affascinante, romanzesca epopea di un popolo millenario, accesa dei colori del mito, prosegue in questo terzo volume con la storia avvincente dei dodici figli di Giacobbe, e con la vicenda umana e sovrumana, tormentata e sublime, di Giobbe. Per la tradizione ebraica questi personaggi (i capostipiti) che con i loro travagli e le loro interminabili peregrinazioni paiono prefigurare il percorso e il destino delle tribù d'Israele, rappresentano dei veri e propri eroi, prodi in guerra e forti nell'animo, protagonisti di favolose imprese che ne esaltano il carattere e la virtù.
Dalla creazione al diluvio: in questo primo volume della monumentale opera di Louis Ginzberg sono intessute e raccontate di nuovo le innumerevoli storie, le parabole, le divagazioni che la tradizione ebraica ha elaborato e tramandato in margine al testo biblico. Ricercatore appassionato, nei primi anni del secolo Ginzberg comincia a studiare, catalogare, organizzare l'immenso materiale delle leggende ebraiche: individua e vaglia tutte le possibili fonti, dalle più note e classiche sino alle minime ed eccentriche, confronta varianti, interseca e riunisce momenti ed episodi, e con un sottile lavoro di analisi e sintesi giunge a dar vita a uno straordinario corpo di narrazioni organiche, corredato da un vasto apparato critico.