Le Storie Filippiche rappresentano uno dei perduti Graal della letteratura di Roma antica: una storia universale scritta in latino. Loro autore è un uomo di origine gallica, Pompeo Troppo: proprio mentre Tito Livio componeva la sua monumentale Storia di Roma, scelse invece di narrare ke vicende dei popoli più lontani, nel tempo e nello spazio. Al centro doveva spiccare la formidabile ascesa e caduta del regno macedone, da qui il titolo. Sfortunatamente, però, le Storie Filippiche sono andate perdute: tutto quello che ci resta è un Florilegio, composto qualche secolo dopo da un certo Giustino. La perdita è quindi parzialmente sanata? No: Giustino, pur limitandosi ad un'operazione apparentemente innocua come la selezione di brani, in realtà modifica nel profondo gli equilibri e le prospettive dell'originale. Il suo Florilegio, quindi, più che raccontarci la storia del mondo, rappresenta il biglietto di accesso a una camera delle meraviglie, in cui da ogni scaffale fa capolino qualcosa di stravagante: regine malvagie, sovrani obesi, bambini prodigio, fughe rocambolesche, passioni e enigmi.
Questa "Apologia per i cristiani" fu scritta a Roma intorno al 153 per la famiglia imperiale. Fu infatti indirizzata all'imperatore Antonino Pio e a suo figlio, Marco Aurelio, e a suo nipote Lucio Vero, quali futuri imperatori. L'autore vuole discolpare i cristiani dalle accuse mosse contro di loro e a questo scopo usa argomenti di carattere morale e teologico, ma anche di tono giuridico e politico. Ricorda agli imperatori che la loro pretesa di avere un governo illuminato e degno di filosofi va dimostrata nei fatti. In particolare chiede che i cristiani siano condannati solo dopo che sia provato il male che essi - secondo i pagani - commetterebbero. L'obiettivo dell'Apologia è duplice: ottenere la legalizzazione del cristianesimo e quindi la fine delle persecuzioni; e mostrare agli imperatori e ai pagani che solo la fede in Cristo può soddisfare la loro sete di verità, perché Cristo è il Logos, la Ragione divina fatta carne. Sete di verità che le filosofie e le religioni hanno soddisfatto solo in minima parte. Giustino denuncia anche i limiti e le contraddizioni delle religioni pagane e sviluppa temi insoliti per un'opera destinata alla lettura dei pagani, cioè la dimostrazione della divinità di Cristo sulla base delle profezie e la descrizione del rito eucaristico. L'Apologia, infatti, è un testo storico di capitale importanza per ricostruire il modo con il quale i cristiani del II secolo celebravano l'eucaristia.
Vissuto in un'epoca di grandi persecuzioni contro la prima comunità cristiana, il filosofo Giustino con le due Apologie contesta le motivazioni con cui gli imperatori e il Senato romano giustificavano la persecuzione dei cristiani. Il contesto storico in cui Giustino scriveva non è così diverso dalla frammentazione culturale e religiosa che la nostra epoca registra; per questo il libro risulta attuale anche oggi e di grande interesse per chi desidera approfondire i temi della fede attraverso un linguaggio, apparentemente lontano dalla nostra sensibilità, ma di grande forza e spessore contenutistico e letterario.