L'autobiografia di Günter Grass si apre nel 1939, con lo scoppio della guerra, nella quale risulta immediatamente coinvolta Danzica, la città natale dello scrittore e il centro nevralgico dell'opera che gli diede la fama, "Il tamburo di latta". E proprio con la stesura e la pubblicazione del grande romanzo negli anni Cinquanta, il libro si chiude. L'attenzione della stampa internazionale si è soprattutto concentrata sulle pagine in cui Grass confessa di essere stato nelle Waffen-SS: presentatosi volontario a quindici anni per servire nei sottomarini, viene, due anni dopo, arruolato in un battaglione delle SS appena costituito. La sua presenza sul fronte orientale dura poche settimane: sopravvive ad alcune operazioni di guerra e finisce prigioniero degli americani. Ciò che fa scandalo non è il suo arruolamento, ma il successivo silenzio e il ruolo di censore intellettuale e morale assunto dall'autore negli ultimi sessant'anni. Al centro della seconda parte dell'autobiografia c'è la Germania del dopoguerra, con Grass che per un anno e mezzo non sa se i famigliari siano ancora vivi. Nonostante tutto, l'autore riesce a descrivere la vita del campo di prigionia americano con pagine esilaranti. Ritrovata la famiglia decide di diventare scultore, ma presto iniziano i contatti con il mondo letterario (Benn e il Gruppo 47) e, come dal nulla, preceduto solo da qualche racconto, pubblica il primo grande romanzo, "Il tamburo di latta".