Nadia e Saeed vogliono tenere in vita il loro amore giovane e fragile mentre la guerra civile divora strade, case, persone. Si narra, però, che esistano porte misteriose che conducono dall'altra parte del mondo, verso una nuova speranza...Mohsin Hamid ha scritto un romanzo tenero e spietato, capace di dare un senso a questi tempi di disorientamento e follia con la potenza visionaria della grande letteratura. Exit West è un libro venuto dal futuro per dirci che nessuna porta può piú essere chiusa.
«In una città traboccante di rifugiati ma ancora perlopiú in pace, o almeno non del tutto in guerra, un giovane uomo incontrò una giovane donna in un'aula scolastica e non le parlò». Saeed è timido e un po' goffo con le ragazze: cosí, per quanto sia attratto dalla sensuale e indipendente Nadia, ci metterà qualche giorno per trovare il coraggio di rivolgerle la parola. Ma la guerra che sta distruggendo la loro città, strada dopo strada, vita dopo vita, accelera il loro cauto avvicinarsi e, all'infiammarsi degli scontri, Nadia e Saeed si scopriranno innamorati. Quando tra posti di blocco, rastrellamenti, lanci di mortai, sparatorie, la morte appare l'unico orizzonte possibile, inizia a girare una strana voce: esistono delle porte misteriose che se attraversate, pagando e a rischio della vita, trasportano istantaneamente da un'altra parte. Inizia cosí il viaggio di Nadia e Saeed, il loro tentativo di sopravvivere in un mondo che li vuole morti, di restare umani in un tempo che li vuole ridurre a problema da risolvere, di restare uniti quando ogni cosa viene strappata via. Con la stessa naturalezza dello zoom di una mappa computerizzata, Mohsin Hamid sa farci vedere il quadro globale dei cambiamenti planetari che stiamo vivendo e allo stesso tempo stringere sul dettaglio sfuggente e delicato delle vite degli uomini per raccontare la fragile tenerezza di un amore giovane. In un certo senso Hamid ha ripetuto per l'oggi quello che i classici dell'Ottocento, ad esempio Guerra e pace, hanno sempre fatto: raccontare l'universale della Storia attraverso il particolare dei destini individuali, riportare ciò che è frammentario, l'esperienza del singolo, alla compiuta totalità dell'umano. Hamid ha scritto un romanzo di attualità sconvolgente, capace di dare un senso a questi tempi di disorientamento e follia con la potenza visionaria della grande letteratura. Con Exit West, Mohsin Hamid ha scritto il suo capolavoro.
"Se la globalizzazione ha da prometterci qualcosa, qualcosa che possa spingerci ad accogliere a braccia aperte il caos che ne deriva, allora quel che ha da prometterci è questo: saremo più liberi di inventare noi stessi". Con tale dichiarazione di intenti si apre questa raccolta di articoli e brevi saggi di uno dei più provocatori e stimolanti narratori del nostro tempo. Ma nel mondo globalizzato abbiamo davvero la libertà di inventare noi stessi? Tutto sembra indicare il contrario, perché ogni pretesto è buono per imprigionarci in quelle "illusioni dilaganti, pericolose e potenti" che portano il nome di civiltà. Hamid lo chiama il giogo del depistaggio: "Ci viene detto di dimenticare le fonti del nostro disagio perché c'è in gioco qualcosa di più importante: il destino della nostra civiltà". E così finisce per sembrarci inevitabile che provare inutilmente a respingere l'immigrazione e a sigillare le frontiere sia più importante che porre rimedio al disordine economico e alle crescenti disparità sociali. Muovendosi fra i ricordi personali e la riflessione politica, fra la letteratura e la cronaca, Hamid guarda al mondo che ci circonda con gli occhi di uno scrittore cresciuto fra il Pakistan e gli Stati Uniti, vissuto a Londra e tornato di recente ad abitare a Lahore. E leggendolo noi scopriamo che forse è possibile liberarsi dal giogo del depistaggio, e "mettersi insieme per inventare un mondo post-civiltà, e quindi infinitamente più civile".
Dopo "Il fondamentalista riluttante", in cui si racconta l'andata-e-ritorno nel mondo occidentale di un giovane pakistano di buona famiglia, Changez, laureato a Princeton, analista finanziario rampante e "giannizzero" dei tempi moderni, in "Come diventare ricchi sfondati nell'Asia emergente" Mohsin Hamid presenta la storia di un'altra ascesa. Questa volta, però, Hamid cambia classe sociale, ambientazione e voce, proiettando il lettore quasi direttamente nei panni del "tu" protagonista, cui è rivolto il suo peculiare libro di autoaiuto. Dal poverissimo villaggio di una non meglio precisata nazione dell'"Asia emergente", il "tu" protagonista muove il primo passo: l'urbanizzazione. Da qui, sempre guidato all'apparenza dalle istruzioni a volte singolari del manuale, il protagonista si appresta a conquistare la ricchezza a tappe forzate, facendosi un'istruzione, evitando (senza troppo successo) d'innamorarsi, scansando gli idealisti e i gruppi religiosi, ricorrendo a mezzi poco ortodossi. E dell'Asia, nel corso di questa ascesa, emergono anche i lati oscuri o sommersi: la violenza, la corruzione che rende indispensabile "farsi amico un burocrate", la presenza pervasiva anche nella vita economica dei militari, "artisti della guerra". Finché anche il "tu" protagonista di "Come diventare ricchi sfondati nell'Asia emergente" finirà, in maniera ironicamente speculare al Changez del romanzo precedente, per doversi "concentrare sui fondamentali".
Ogni impero ha i suoi giannizzeri, e Changez è un giannizzero dell'Impero Americano. Giovane pakistano, ammesso a Princeton grazie ai suoi eccezionali risultati scolastici, dopo la laurea summa cum laude viene assunto da una prestigiosa società di consulenza newyorkese. Diventa cosi un brillante analista finanziario, sempre in viaggio ai quattro angoli del mondo. Impegnato a volare tra Manila e il New Jersey, Lahore e Valparaiso, e a frequentare l'alta società di Manhattan al braccio della bella e misteriosa Erica, Changez non si rende conto di far parte delle truppe d'assalto di una vera e propria guerra economica globale, combattuta al servizio di un paese che non è il suo. Finché arriva l'Undici settembre a scuotere le sue certezze. "Vidi crollare prima una e poi l'altra delle torri gemelle del World Trade Center. E allora sorrisi". È questo il primo sintomo di un'inarrestabile trasformazione. Il businessman in carriera, rasato a puntino e impeccabilmente fasciato nell'uniforme scura del manager, comincia a perdere colpi. La produttività cala e la barba cresce, quella barba che agli occhi dei suoi concittadini fa di ogni "arabo" un potenziale terrorista. E mentre gli Stati Uniti invadono l'Afghanistan, il Pakistan e l'India sembrano sull'orlo di una guerra atomica, giunge per Changez il momento di compiere un passo irreversibile...
Pakistan, Lahore. Un giorno come tanti, Daru - 30 anni, funzionario di banca litiga con un cliente importante e finisce licenziato in tronco. È l'inizio di un declino vertiginoso e inesorabile. Sopraffatto dai debiti e dalla rabbia, Daru perde il suo posto nella nuova élite pakistana sedotta dai riti e dai miti dell'Occidente. Mentre, al riparo di inaccessibili ville, il moderno jet set nazionale passa da un party all'altro, lui, offuscato dal calore soffocante di un'estate alla quale non può più sfuggire, si perde nell'amore per la bellissima e inquieta Mumtaz, moglie del suo miglior amico, e si distrugge tra i fumi dell'hashish e dell'eroina, che inizia a spacciare nei salotti della buona società. E si brucia, come le falene che guarda morire al fuoco delle candele nelle lunghe notti di solitudine. Rinchiuso in una squallida cella, in attesa di giudizio, è Daru stesso a raccontare il suo inferno, mentre altre voci si alzano per svelare altri pezzi di storia, in un cambio di prospettiva di grandissima forza. L'inquietante incertezza del destino di Daru è la stessa del Pakistan di oggi, ostaggio di una corruzione paralizzante, preda di contraddizioni insanabili, lacerato tra il desiderio di modernità e il pericoloso richiamo del fondamentalismo.