Data di pubblicazione: Novembre 2009
DISPONIBILE : NON AL MOMENTO
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Daoud è nato in un piccolo villaggio nel Darfur. Capanne rotonde, spaziose, con il tetto di erba che quando piove profuma di buono. Sebbene sia stato lontano anni, Daoud l’ha sempre portato nel cuore. Tanto che, dopo molte tormentate vicissitudini, ha deciso di tornare a casa, facendo il percorso inverso a quello di milioni di profughi. Ha ritrovato la sua gente, suo padre e i suoi fratelli, in particolare l’amato Ahmed, appena prima di perdere tutto. Perché un giorno il villaggio è stato attaccato, le capanne bruciate e Ahmed è stato ucciso. L’ha sepolto Daoud con le sue mani, nella sabbia, prima di incamminarsi nel deserto con i sopravvissuti. Alle loro spalle, le colonne di fumo disperdono nell’aria le ceneri di case, di alberi, dei corpi di chi non ha voluto o potuto andarsene.
Lontane dalla ribalta del mondo, scene come questa accadono quotidianamente in Darfur. In questa regione del Sudan tanto povera in superficie quanto ricca nel sottosuolo, si consuma da troppi anni una strage indisturbata.
Nel deserto, a capo della sua gente dispersa, Daoud si imbatte nel suo destino: un’organizzazione incaricata di raccogliere le prove per dimostrare al mondo che ciò che accade è un genocidio. Facendo tesoro dell’inglese imparato a scuola, Daoud si offre come interprete e guida. Dovrà riversare in orecchi troppo abituati al silenzio del mondo le testimonianze di centinaia di profughi e sopravvissuti. Sono storie di un dolore quotidiano, tanto spaventose che a volte non riesce nemmeno a tradurle. Ma anche storie di coraggio e di umanità che illuminano di speranza la notte dell’odio. Quella è diventata la sua missione. Perché nessuno possa dire di non aver saputo.
Daoud è nato in un piccolo villaggio nel Darfur. Capanne rotonde, spaziose, con il tetto di erba che quando piove profuma di buono. Sebbene sia stato lontano anni, Daoud l’ha sempre portato nel cuore. Tanto che, dopo molte tormentate vicissitudini, ha deciso di tornare a casa, facendo il percorso inverso a quello di milioni di profughi. Ha ritrovato la sua gente, suo padre e i suoi fratelli, in particolare l’amato Ahmed, appena prima di perdere tutto. Perché un giorno il villaggio è stato attaccato, le capanne bruciate e Ahmed è stato ucciso. L’ha sepolto Daoud con le sue mani, nella sabbia, prima di incamminarsi nel deserto con i sopravvissuti. Alle loro spalle, le colonne di fumo disperdono nell’aria le ceneri di case, di alberi, dei corpi di chi non ha voluto o potuto andarsene.
Lontane dalla ribalta del mondo, scene come questa accadono quotidianamente in Darfur. In questa regione del Sudan tanto povera in superficie quanto ricca nel sottosuolo, si consuma da troppi anni una strage indisturbata.
Nel deserto, a capo della sua gente dispersa, Daoud si imbatte nel suo destino: un’organizzazione incaricata di raccogliere le prove per dimostrare al mondo che ciò che accade è un genocidio. Facendo tesoro dell’inglese imparato a scuola, Daoud si offre come interprete e guida. Dovrà riversare in orecchi troppo abituati al silenzio del mondo le testimonianze di centinaia di profughi e sopravvissuti. Sono storie di un dolore quotidiano, tanto spaventose che a volte non riesce nemmeno a tradurle. Ma anche storie di coraggio e di umanità che illuminano di speranza la notte dell’odio. Quella è diventata la sua missione. Perché nessuno possa dire di non aver saputo.