Quando nel 1921 inizia a lavorare a quello che sarà il suo capolavoro Jaroslav Hasek ha alle spalle cinque anni di vita militare e un ventennio di attività giornalistico-letteraria: una solida base grazie a cui può dare corpo a un romanzo esilarante che è l'affresco storico di un'epoca percepita come insensata anche da chi la viveva, pazzia e idiozia infatti sono temi cruciali che percorrono l'intera vicenda di Svejk, un tipo umano nuovo nella letteratura mondiale, così come completamente nuovo era per l'epoca lo stile espressionista e plurilinguistico di Hasek, dagli effetti dirompenti - qui resi con efficacia dalla traduzione di Annalisa Cosentino, dall'approccio disinibito e attualizzante, Soldato semplice dell'esercito asburgico poi riformato per malattia mentale, Svejk racconta "dal basso" la Grande Guerra; il suo nemico non è perciò l'esercito avversario ma la casta degli ufficiali, "Nella quantità di opere sulla Grande Guerra" ha scritto Luigi Reitani "al capolavoro di Hasek spetta ancor oggi un'importanza centrale, vittima innocente di quella follia a lui superiore che viene chiamata Storia - ma al tempo stesso inesauribile narratore in prima persona di storie che mostrano l'infinita follia del mondo - Svejk è davvero il grande Gian Burrasca del Novecento, a cui va la nostra eterna simpatia."
L'intensa e variegata attività letteraria di Hasek, si apre con Le avventure del bravo soldato Svejk nella grande guerra, capolavoro della letteratura parodistica e umoristica ceca e grande classico della letteratura europea del Novecento. Segue una selezione di racconti, i risultati più alti della sua produzione nel ventennio 1902-22, gran parte dei quali mai tradotta in italiano. La terza sezione comprende un piccolo campione di versi giovanili, brani di cronaca giornalistica locale e due pezzi teatrali di cui Hasek è coautore.
"Una grande epoca esige grandi uomini. Vi sono degli eroi ignorati e oscuri... l'esame della cui indole darebbe ombra perfino alla gloria d'Alessandro Magno. Oggigiorno si può incontrare per le vie di Praga un uomo trasandato, che non sa quanta importanza abbia avuto la propria opera nella storia di un'epoca grande e nuova come questa. Egli percorre tranquillamente la sua strada, senza che nessuno gli dia noia e senza dar noia a nessuno, e senza essere assediato da giornalisti che gli chiedano un'intervista. Se gli domandaste come si chiama, vi risponderebbe con l'aria più semplice e più naturale del mondo: 'Io son quello Sc'vèik...'" Con queste parole Jaroslav Hasek (1883-1923) presentava l'umile e grottesco eroe del suo romanzo, il bonario allevatore e mercante di cani, strappato alle sue pacifiche occupazioni e mandato a combattere in difesa dell'impero austro-ungarico nella Prima guerra mondiale. Preso nel vortice di avvenimenti che vanno molto oltre le sue capacità di comprensione, Sc'vèik si destreggia con un misto d'ingenuità e di furbizia, forte di quella sua obbedienza assoluta alla lettera degli ordini ricevuti che porta all'assurdo e dissolve nel ridicolo ogni autorità. Nel buon soldato Sc'vèik i lettori di tutto il mondo hanno riconosciuto un eroe sovrannazionale, il campione di un irriducibile pacifismo e antimilitarismo e un simbolo dell'inalienabilità dei diritti dell'individuo contro ogni tutela e usurpazione dittatoriale.
Romanzo che si snoda per libera accumulazione di frammenti disordinati (o ordinati secondo una logica "altra"), lo Svejk si appaia alle grandi narrazioni digressive di Cervantes e di Sterne, alle quali lo affratellano anche alcuni procedimenti comici. Come scrive nell'introduzione Giuseppe Dierna, che ha interamente ritradotto il romanzo, "l'elemento centrale nello Svejk è il continuo sdoppiamento della narrazione, un'ambiguità di fondo, un discorso che procede costantemente su un doppio piano, mantenendosi in bilico tra una narrazione realistica e la sua continua messa in parodia, e questo ai vari livelli del testo (voce narrante, personaggio Svejk, linguaggio, sviluppo della trama). O ancora meglio: delegando ora a Svejk e ora al narratore la guida delle operazioni, Hasek mette premeditatamente in atto nel suo romanzo un ininterrotto e diabolico gioco parodico con i codici del linguaggio e della narrazione, in un contesto da ultimi giorni dell'umanità che di tanto in tanto affiora in tutta la sua violenza". Con questa edizione si ripropone dunque un'opera con la dichiarata intenzione di cambiarle radicalmente di posto nel panorama della letteratura del Novecento: da classico marginale, espressione di una facile tradizione popolare, a raffinato capolavoro di grande complessità. Ma non per questo di meno godibile lettura.
Il romanzo più celebre della letteratura ceca è una satira mordace e divertente contro l'assurdità della guerra con protagonista un soldato semplice che candido e imperturbabile, dal momento in cui è strappato dalla familiare Osteria del Calice e dal suo commercio di cani, non fa che mettere in difficoltà nonché impazzire di rabbia impotente i suoi superiori. Dimostrando in una serie di esemplari ed esilaratiti avventure-il ridicolo profondo della logica che governa l'organizzazione militare e le imprese belliche. Perché ci sono eroi ignorati, umili, senza la storia e la gloria di Napoleone, ma il cui carattere oscurerebbe anche la fama di Alessandro Magno. Nel romanzo, il pacifismo anarchico di Hasek si intreccia, in chiave burlesca, con la rappresentazione del singolo di fronte a forze incombenti e incontrollabili, un po' come avviene nell'opera del suo coetaneo e concittadino Franz Kafka.