Finalmente una storia dei Longobardi che non patisce la distorsione di un’ottica tutta italiana. Di questo popolo interessantissimo, adatto a un’analisi antropologica e non solo storica, Jarnut segue in alcuni capitoli caratteri e mobilità (forse in Scandinavia, certamente nella Germania settentrionale e nelle odierne Boemia e Ungheria) precedenti la famosa invasione italiana del VI secolo. È un popolo fortemente caratterizzato da un atteggiamento di migrazione totale: non si espande in Italia (come faranno poi i Franchi nell’VIII secolo), ma vi si trasferisce integralmente, lasciando ben poco di sé nelle regioni di provenienza. Il nuovo insediamento italiano fu poi definitivo, e i Longobardi interpretarono in modo «germanico» modelli bizantini (di Bisanzio erano stati alleati militari), tradizioni circoscrizionali romane e schemi culturali dell’antichità, costituendo per l’Italia la più importante cinghia di trasmissione fra il tardo impero romano e il pieno Medioevo. L’Italia divise in due le vocazioni e i destini dei Longobardi, perché a nord, nella «Langobardia», posero le premesse per il «Regnum Italicum» e per i contatti con altri popoli germanici; a sud, dove dominarono più a lungo, ebbero contatti stretti con i popoli mediterranei. Il loro cammino verso una vera integrazione latino-germanica fu interrotto dall’invasione di Carlomagno. Di questi aspetti Jarnut dà conto in pagine che non rinunciano alla narrazione e che contengono, utilmente, tutte le informazioni di base.