Un memoir ardente e vivissimo, scritto di getto poco prima dell'esecuzione da una ragazza condannata a morte dai bolscevichi nel giugno del 1931. Evgenija Markon, figlia della borghesia intellettuale ebraica di Pietrogrado, moglie del poeta Aleksandr Jaroslavskij, anarchica, ladra, deportata in un gulag sulle isole Solovki, si racconta in queste pagine intense. «Una studentessa piena di sogni», così si definisce Evgenija, che disgustata molto presto dalla dittatura dei bolscevichi, decide che il mondo dei teppisti costituisce l'unica classe veramente rivoluzionaria. Decide dunque di vivere per strada e diventare ladra, sia per convinzione politica, sia per amore del rischio. Lontano dalle immagini eroiche della «costruzione del socialismo», in questo libro emergono la Mosca e la Leningrado degli emarginati, bambini di strada, ubriaconi, prostitute, vagabondi, raccontati in una lingua immediata.