Il declino delle religioni nelle società occidentali non equivale alla scomparsa della vita religiosa. L'uomo moderno possiede una spiritualità che non è più regolata dalle istituzioni religiose ma dal desiderio personale. Ma è possibile raggiungere il Mistero del mondo, abbandonando i sentieri tracciati dalle grandi tradizioni religiose? Senza conoscere la grammatica del sacro non si rischia di trasformare il dialogo con l'Altro in un narcisistico monologo dell'ego? Uno strumento per comprendere l'«esperienza religiosa» in un contesto segnato dal pluralismo etnico e culturale.
Nell'epoca in cui il discorso di Dio sembra confinato nello spazio delle private beliefes oppure spogliato dalla sua pretesa veritativa la proposta di Richard Schaeffler rivendica la sua sensatezza. La sua appassionata e rigorosa ricerca sul fenomeno religioso dimostra che l'uso del vocabolo Dio non è un abuso semantico, ma designa quella condizione trascendentale da cui dipende l'esistenza dell'essere umano.
II saggio cerca di ricostruire le linee generali del pensiero filosofico di Schaeffler, nel quale la questione dell'esperienza religiosa assume un ruolo decisivo. La sua lunga e variegata ricerca a proposito del confine fra filosofia e teologia offre un 'interessante elaborazione della questione di fondatezza del discorso religioso. La specifica composizione dell'approccio metodologico, elaborato da Schaeffler, permette di leggere l'esperienza del sacro. Il connubio organico tra i tre metodi (trascendentale, analitico e fenomenologico) restituisce alla conoscenza umana l'oggetto religioso nella sua datità originaria e permette di rintracciare una grammatica che struttura il campo dell'esperienza religiosa.
L'indagine schaeffleriana non si chiude nella mera analisi delle strutture aprioristiche che presiedono alla conoscenza, ma si apre a ciò che proviene dal Ding an sich. Per il filosofo tedesco la possibilità di esperienza dipende dalla capacità dell'uomo di accogliere l'appello della realtà in un contesto ordinato di vissuti. Di conseguenza, anche l'esperienza religiosa deve realizzare una forma specifica in cui avviene l'incontro tra la realtà numinosa e l'uomo.
L'impostazione metodologica di Schaeffier permette di far emergere il carattere dialogico tra i due poli di relazione, dimostrando come la libertà divina richieda una mediazione da parte dell'uomo per potersi manifestare. Dall'indagine religiosa di Schaeffier risulta quindi che l'uomo diventa capace di sillabare i suoi vissuti in un modo sensato quando riconosce che questa capacità è un dono conferitogli dalla bontà di Dio.
La teoria dialogica dell'esperienza viene anche applicata alla lettura della tradizione ebraico-cristiana. Quest'operazione serve per verificare l'idoneità di tale teoria nel cogliere la dimensione storica della rivelazione. Il rapporto fra l'universale e il singolare costituisce, infatti, il punto nevralgico di ogni impostazione trascendentale, che spesso fatica a dare una giusta rilevanza al carattere indeducibile della persona di Gesù Cristo. L'approccio metodologico di Schaeffler offre indubbiamente un tentativo valido di risposta a tale problema.