È possibile accostarsi a Shakespeare come a un contemporaneo senza falsare quei valori storici dai quali tuttavia non può prescindere la lettura di un testo poetico? Non è solo possibile, risponde Jan Kott, ma è questo l'unico modo di comprendere il grande drammaturgo elisabettiano. L'originalità dell'interpretazione passa attraverso questa intuizione di fondo: l'uomo, stritolato nell'ingranaggio della storia, ritrova la propria dimensione umana, la dimensione dell'intelligenza, interrogandosi sul senso della vita e del proprio destino. Prefazione di Mario Praz.
E' possibile accostarsi a Shakespeare come a un contemporaneo senza falsare quei valori storici dai quali tuttavia non può prescindere la lettura di un testo poetico? Non è solo possibile, risponde Jan Kott, ma è questo l'unico modo di comprendere il grande drammaturgo elisabettiano. L'originalità dell'interpretazione passa attraverso questa intuizione di fondo: l'uomo, stritolato nell'ingranaggio della storia, ritrova la propria dimensione umana, la dimensione dell'intelligenza, interrogandosi sul senso della vita e del proprio destino.
Un'interpretazione dei capolavori del teatro greco, da parte di un grande intellettuale del Novecento, armato delle conoscenze che la sociologia, la psicologia, l'antropologia, la storia delle religioni forniscono. Gli accostamenti si succedono densi e vertiginosi: Prometeo, Beckett, le Baccanti, Levi Strauss, Sofocle, il teatro dell'assurdo in una serie di arbitrarietà apparenti, il cui valore d'uso si dimostra immediato. Dietro il grande canovaccio di regia c'è tutto l'autore, con i libri che ha letto e le idee che gli sono servite da stimolo.