A volte la speranza appare quasi “contro natura” alla nostra mentalità scettica. E l’ambiente ecclesiale, sotto questo aspetto, non costituisce un’eccezione. Ma se viene meno la speranza, il cristianesimo è malato, qualcosa in esso non va.
Se la speranza è un dono di Dio, perché non ci viene data? O forse in certe circostanze siamo dispensati dalla speranza cristiana? Dove e come cercare la speranza nel tempo attuale, così pieno di scetticismo, paura e malcontento? Che cos’è l’autentica speranza cristiana e quali sono invece le sue caricature?
Sono domande scottanti a cui questo libro cerca di dare una risposta.
«La vocazione del cristiano è diventare uomo, e la misura della sua maturità umana corrisponde a quella della pienezza di Cristo. Diventare pienamente uomini significa vivere, come Cristo, per gli altri e per il mondo, diventare come lui dono per gli altri, “buon samaritano”, quindi prossimo per ognuno che soffre».
«Intercedere significa non solo recitare a Dio le parole della preghiera di intercessione, ma offrire a lui se stessi e tutto ciò che fa parte della nostra vita come “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”. In altre parole, occorre non solo pregare, ma diventare preghiera per gli altri e per il mondo».
Destinatari
Religiosi e laici cristianamente impegnati.
L’autrice Katerina Lachmanová, nata in Cecoslovacchia nel 1964, ha ottenuto la licenza in antropologia teologica nel 2000 e la laurea in teologia spirituale nel 2003 al Teresianum, poi la licenza in psicologia nel 2004 all’Università Gregoriana. Dal 2005 presta servizio presso il Centro Pastorale dell’Archidiocesi di Praga, dove tiene corsi di esercizi spirituali, ritiri e conferenze. Periodicamente tiene anche lezioni alla FacoltàTeologica delle Università di Praga e di Olomouc. È autrice di vari libri; in Italia è già apparso Qui e ora. L’arte di vivere in equilibrio tra lavorare troppo e non fare nulla (Effatà, 2009).
Partendo da un interrogativo apparentemente semplice – «È più pigro chi non fa nulla o chi lavora troppo?» – l’autrice di questo libro tratta con ironia e sapienza un argomento antico, ma molto attuale: l’acedia. Questo termine, che deriva dalla lingua greca ed è stato utilizzato dai medievali per indicare uno dei vizi capitali, ha svariati sinonimi: pigrizia, apatia, scoraggiamento, ma anche noia, superficialità, male di vivere. E rappresenta talvolta l’anticamera della depressione.
Il malato di acedia, per fuggire da se stesso, o decide di starsene tutto il giorno senza fare nulla o, al contrario, riempie le sue giornate di attività e impegni per non avere il tempo di restare solo con i suoi pensieri e affrontare le questioni serie della vita. Come non riconoscere in questi due opposti il ritratto di tanti giovani e adulti contemporanei?
Ma c’è una soluzione, ed emerge con forza da queste pagine: riconoscere la propria «malattia» e lottare interiormente per guarire, incominciando ad esserci qui e ora, a concentrarsi, a perseverare, a prendersi cura, a ristorarsi di cose belle e buone. L’approdo a una vita piena di senso e colma di gioia è assicurato!.
Katerina Lachmanová, nata nel 1964 in Cecoslovacchia, ha compiuto studi di Teologia spirituale e Antropologia teologica al Teresianum di Roma (conseguendo il dottorato in Teologia nel 2003) e studi di Psicologia presso l’Istituto di Psicologia della PUG di Roma (ottenendo la licenza in Psicologia nel 2004). Dal 2005 lavora come psicoterapeuta presso il Centro pastorale dell’Arcidiocesi di Praga ed insegna nelle facoltà di Teologia di Praga e di Olomouc. Questo è il suo primo libro tradotto in italiano.