"Tutti in realtà cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo." (Fil 2,21) La nostra vera felicità non sta nel compimento della ricerca dei nostri interessi, ma della ricerca degli interessi di Dio e degli altri. È questo il grande mistero della vita, il grande mistero che il cristianesimo è venuto a mettere in piena luce e che da duemila anni viene annunciato assieme all'annuncio pasquale, perché è un mistero inerente al mistero pasquale: che l'uomo trova soddisfazione piena degli interessi del suo cuore rinunciando a cercare i propri interessi e abbracciando quelli di Cristo. È un paradosso, è una follia, ma una follia in cui si trova la sapienza pasquale del cristianesimo, una realtà inconcepibile eppure reale, tanto che è possibile farne esperienza, verificare che è proprio così. Ce lo testimonia Cristo stesso, incarnandosi, vivendo da povero e da servo di tutti, e soprattutto morendo in croce e risorgendo. E alla sua sequela ce lo testimoniano tutti i santi.
Gesù non ha vissuto la sua missione come trasmissione di un messaggio, come trasmissione di una moralità, come trasmissione di un rito, come trasmissione di un esempio. L'ha vissuta come trasmissione di tutta la sua persona, di tutto ciò che Egli è: Dio e uomo; corpo, anima e spirito; di tutto il suo cuore, di tutti i suoi rapporti divini e umani. Viviamo la nostra vocazione, pensiamo alla nostra vocazione alla luce e come incarnazione di questa tradizione, di questa trasmissione totale di Cristo? Gesù, nell'ultima Cena, si è preoccupato di far capire ai discepoli che la trasmissione della sua persona al mondo si realizza nel mistero della comunione dei discepoli che incarna e riflette nel mondo la Comunione trinitaria. San Benedetto, col carisma della sua Regola, ha voluto declinare questo avvenimento, educandoci a viverlo in tutte le dimensioni della nostra umanità.
Questo mondo di orfani vaganti senza punti di riferimento né vie di accompagnamento, è questo mondo a ricordarci l'urgenza di poter trovare un padre umano che ci educhi alla filiazione divina, un uomo che lo Spirito Santo ha reso capace, nell'obbedienza silenziosa, di formare umanamente il Figlio di Dio. Non l'ha fatto solo per Gesù: lo ha fatto per Gesù in nostro favore. Perché è per noi che il Figlio di Dio ha vissuto con lui. E ora la compagnia paterna di Giuseppe di Nazaret ci è offerta, silenziosamente, quasi come lo sguardo di un mendicante, per continuare assieme a Maria la sua grande opera di far crescere Cristo come Figlio di Dio nella nostra umanità, in tutta la nostra umanità, e per l'intera umanità.
Las meditaciones recogidas en este volumen son breves enseñanzas que el P. Mauro Lepori --abad general de la Orden del Císter-- ofrece, en el estilo monástico de los «sermones capitulares», dentro del Curso de Formación Monástica que promueve la orden anualmente.
«La amistad de Cristo, ser amigos de Jesús: esta experiencia, esta gracia, permite que conozcamos todo lo que Jesús escucha del Padre. La amistad de Cristo nos comunica todo, nos hace conocer todo, el todo de la Verdad. No hay conocimiento o formación más profunda y totalizante que la amistad de Cristo. No existe universidad, curso de formación, estudio, que pueda enseñar algo tan grande y verdadero como la experiencia de la amistad de Cristo.(...)
La humildad que se nos pide es la de creer verdaderamente que se nos ha dado la posibilidad de conocer todo acogiendo principalmente la relación de amistad con el Señor. En otras palabras, como dice san Benito: 'No anteponer nada al amor de Cristo'. Preferir el amor de alguien: esta es en el fondo la mejor definición de la amistad».
Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete! (Gv 21,6).
Il dettaglio della «parte destra» è un richiamo ad una preferenza, ad una predilezione. La «parte destra», in tutta la Bibbia, è la parte migliore, la parte privilegiata, la parte più onorata, la parte dell’amicizia, della predilezione, e anche la parte più potente, più forte. La destra nella Bibbia è nello stesso tempo la parte dell’affezione, dell’onore e della potenza.
Gesù ci chiede di gettare tutto, di investire ancora una volta tutto dalla parte destra della barca, dalla parte della Sua preferenza, dalla parte della familiarità con Lui, dell’amicizia con Lui. Di fronte a tutta la sterilità esteriore e interiore di cui facciamo esperienza, Gesù ci chiede di obbedire all’offerta della sua familiarità; chiede alla nostra libertà stanca e impotente un gesto di obbedienza possibile, semplice, leggero. L’unico impegno, l’unico “sforzo” è quello della pura libertà di accettare di farlo dalla parte che Lui ci indica.
«Chi è l'uomo che vuole la vita e desidera vedere giorni felici?» (RB, Prol. 15) Dio e l'uomo si cercano. Dio ha bisogno dell'uomo e l'uomo ha bisogno di Dio. Hanno bisogno l'uno dell'altro per realizzare la stessa opera: l'immagine di Dio nell'uomo. L'umiltà di riconoscere e adorare Dio nell'uomo è ciò che ci rende perfettamente umani, totalmente umani. Umani nel rapporto nuovo di comunione, di onore e di carità che possiamo offrire a tutti, offrendolo anzitutto a Cristo stesso. È così che l'avvenimento cristiano, di cui san Benedetto ci educa a fare esperienza, ha trasfigurato, trasfigura e potrà sempre di nuovo trasfigurare il mondo umano. E oggi è più necessario che mai. Vi invito a ripartire umanizzando il mondo con l'umiltà totale che adora e accoglie Cristo in ogni persona che incontrerete.
«Che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne curi?» (Sal 8,5) Avere cura degli altri è l'atteggiamento che sintetizza l'esercizio della misericordia. Incarna l'amore per la vita dell'altro, per la sua crescita, per la sua felicità. San Benedetto è cosciente che la cura per l'altro inizia dall'attenzione che esercitiamo verso le necessità e le miserie dei fratelli e delle sorelle. E l'attenzione è uno sguardo, un vedere ciò di cui l'altro ha bisogno, una sensibilità per il bisogno degli altri, come quella del Padre, di Gesù. «Imiti il misericordioso esempio del buon Pastore» (RB 27,8): la cura del buon Pastore si esercita anzitutto nel vegliare sul gregge, nel tenerlo sott'occhio. San Benedetto ha fissato gli occhi su Gesù, Pastore misericordioso, e quando chiede all'abate di imitarne il pio esempio, la prima cosa che gli chiede è che anche l'abate impari come deve essere e agire «tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,2).
«Se tu, al sentir presto, rispondi: Io!» (RB, Prol. 16) Quando Gesù ci chiama a seguirlo, viene a rispondere al desiderio di vita e di felicità che portiamo nel nostro cuore. Sentendo una vocazione, il cuore umano emerge come dai flutti del mare per manifestare che c'è, e che c'è appunto come domanda di vita, come domanda di salvezza. Ed è allora che nell'uomo si afferma l'io, un'identità, il suo essere persona. Lo stupore di fronte alla bellezza della presenza di Cristo che ci chiama a Lui è l'impegno esaustivo e inesauribile della vocazione, e ciò che rigenera nell'incontro con Cristo la gioia e fecondità della nostra sequela, rendendola feconda di gioia per gli altri. Una vocazione è compiuta, non quando è perfetta, ma quando è meravigliata, come all'inizio. È possibile da subito, questa pienezza, se lo sguardo, il cuore, è aperto ora, disarmato, alla bellezza di Gesù Cristo. «Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo!"» (Lc 19,5). La nostra bellezza è lo stupore di fronte a Cristo che ci chiama ora.
L’uomo contemporaneo galleggia in mezzo al mare, in una notte senza stelle.
Se Dante, all’inizio della Divina Commedia, descriveva la sua condizione di smarrimento spirituale come una selva oscura dalla quale, in qualche modo, poteva trovare un via d’uscita, l’uomo moderno versa in uno stato di malessere e instabilità, come un naufrago tra i flutti, che sale e scende in balia delle onde. Si è persi nella perdizione, si erra nell’erranza.
Padre Lepori, monaco e pastore, propone una via antica ma sempre efficace, ispirata al Vangelo e alla Regola di san Benedetto, per prendersi cura di chi è ferito e indicare il cammino a chi vaga senza direzione.
Terzo volume della collana Ascolta e Cammina che raccoglie gli scritti dell'abate generale dei Cistercensi Padre Mauro Giuseppe Lepori. Per il modo di esprimere i suoi pensieri e di fermarli sulla carta Lepori è uno degli autori più letti e seguiti nel panorama della cultura cattolica italiana. Nel libro il padre Lepori approfondisce il tema della preghiera che rappresenta un canale privilegiato per parlare e per ascoltare Dio. L'autore attingendo dalla tradizione dell'Ordine cistercense, di cui è abate generale, compie suggestive riflessioni sulla spiritualità propria del monachesimo occidentale.