Il volume rappresenta un'estesa analisi filosofico-giuridica espressamente dedicata al tema dei "confini" quale istanza costitutiva degli ordini istituzionali. La tesi che l'autore avanza, imbastendo un fecondo dialogo fra la tradizione continentale e quella di stampo analitico, è che ogni ordinamento giuridico riveli il suo carattere contraddistintivo nel fatto di essere espressione e riflesso dell'unità collettiva che sta alla sua base e che lo istituisce attraverso una dinamica immancabilmente connotata da limitatezza e contingenza. Di conseguenza, in contrapposizione alla visione oramai pressoché indiscussa, secondo cui l'assetto globale farebbe inevitabilmente segno verso un diritto senza confini, l'autore sostiene che ogni compagine giuridica, per quanto globalizzata voglia presentarsi, giammai potrà trasgredire il suo costitutivo carattere storico e delimitato. Delimitato secondo un quadruplice senso irriducibile e insuperabile: nella definizione del suo spazio, del suo tempo, dei suoi soggetti e dei suoi contenuti. Di fronte a siffatta limitatezza ogni processo di globalizzazione non può che arrestarsi.