Filosofo "inimitabile", secondo le parole di Levinas, Jankélévitch si staglia sul quadrante del Novecento come un pensatore volutamente inattuale - perché diversamente orientato rispetto ai vettori caratteristici di esso. Proprio in ciò risiede la sua attualità, racchiusa nella cifra di una riflessione intensa e originale. Alla individuazione delle nascoste e non consumate potenzialità di tale riflessione è rivolto questo saggio. In un momento in cui diverse strategie teoriche paiono esaurirsi e viceversa il pensiero torna ad interrogarsi su quel flusso mobile che è la vita stessa, Jankélévitch, da sempre infaticabile esploratore dell-inquieto fascino del reale, della misteriosa "grazia" (charis) da cui prendono forma le cose - e proprio perciò attento alla responsabilità dell'agire pratico -, si rivela un interlocutore col quale oggi, forse più che mai, è importante confrontarsi.
Il saggio aiuta a comprendere il significato dei percorsi 'rivoluzionari', che hanno attraversato la cultura musicale, mettendone in luce affinità e divergenze. Il primo interprete di questa 'rivoluzione' è di certo Debussy che inaugurò la via di rottura nei confronti del sistema tonale tradizionale; sulle sue orme si mossero poi, da un lato, Schonberg, Berg e Webern e, dall'altro, Stravinskij raggiungendo esiti differenti eppure per molti versi complementari. "Il suono incrinato", illustrato da costanti riferimenti alle contemporanee arti figurative, analizza alcune esperienze musicali del primo Novecento, per individuare una crisi che ha invaso tutta la nostra epoca.