L'estetica teologica di Hans Urs von Balthasar giunge a compimento solo nella fase matura del teologo svizzero, attraverso un confronto serrato con il pensiero e la letteratura degli ultimi secoli. Lungo questo cammino si possono definire diversi percorsi genealogici, ognuno legato a particolari figure di riferimento (da Guardini a de Lubac, da Ignazio di Loyola ad Adrienne von Speyr, da Tommaso d'Aquino a Karl Barth), ognuno utile a guadagnare una comprensione in toto, sed non totaliter. La via genealogica che sceglie di percorrere questo saggio è quella del pensiero metafisico di Balthasar, sostenendo che l'estetica teologica si sviluppa nel tentativo di una fondazione metafisica cristiana, quindi di una filosofia dell'essere che cerca, da un lato, di far tesoro delle filosofie del finito (vitalismo, esistenzialismo, fenomenologia), dall'altro, di rivitalizzare l'ontologia scolastica nell'incontro-scontro con l'idealismo hegeliano, convitato di pietra di tutta l'opera balthasariana. Lungo questa via si possono individuare due diverse fondazioni metafisiche, che confermerebbero la possibilità di distinguere un "primo" e un "secondo Balthasar". Proprio da un'eventuale insoddisfazione rispetto alla prima fondazione, si può comprendere meglio il percorso che conduce a Gloria, attraverso una risemantizzazione della metafisica come domanda a un tempo estetica, teologica e filosofica sul "mistero della differenza immanente all'essere".