Il libro raccoglie studi dedicati, in tempi diversi, alla presenza della città di Roma nella scrittura di alcuni autori della letteratura italiana. La ricerca mira a constatare come la città narrata assuma differenti forme e valori nelle varie scritture che sono sempre l'esito di altrettanto diverse organizzazioni retoriche del discorso e diverse visioni del mondo.Talvolta la stessa piazza sembra molto dissimile se descritta da Pirandello o da D'Annunzio. Il saggio di apertura è la voce Roma composta per il Dizionario dei temi letterari, in cui si ripercorrono alcuni scritti italiani e stranieri, dedicati alla città. Lo studio su Dante è molto legato al saggio Roma i papi e Dante. Quello dedicato a Petrarca richiama lo studio Petrarca da Arezzo ad Arquà passando per Roma. Il discorso su Tasso prende spunto da un racconto di F. R. de' Angelis dedicato agli ultimi giorni del poeta. Il saggio sul danese Georg Zoëga ricostruisce le varie residenze degli Arcadi, fino al Bosco Parrasio. Le schede leopardiane, i saggi su Alfieri, Brancati e Palazzaschi hanno offerto la possibilità di attraversare Roma, di contemplarne gli edifici, in parte non più riconoscibili, in parte ancora identici ma pure trasformati dall'ornamento letterario. Così si è tentato di mettere insieme la bellezza della letteratura e quella della meravigliosa Roma.
Quando "il Maestro" e "il Poliziotto" s'incontrano Nicola Longo è già celebre, Federico Fellini ne ha seguito le imprese sui giornali appassionandosi a una carriera fitta di operazioni sotto copertura, scontri a fuoco, ferimenti e casi risolti. Tra i due, messi in contatto da Tonino Guerra, nascono subito una reciproca fascinazione e la voglia di lavorare insieme. Il primo tentativo - un film tratto dal romanzo autobiografico di Nicola, "La valle delle farfalle" - fallisce per contrasti con il produttore Renzo Rossellini. Il regista rilancia, sa che Nicola può essere la guida perfetta per decifrare il presente dei primi anni Ottanta: un eroe senza retorica, diviso tra l'orgoglio del proprio ruolo e una nascosta amarezza, con la consapevolezza del male e dei suoi indefiniti contorni. "Poliziotto" raccoglie i sei racconti che i due produssero, con l'aiuto di Gianfranco Angelucci, chiusi nello studio di Fellini nell'estate del 1983. Longo racconta impassibile, la voce è fredda e impersonale, irresistibilmente ipnotica. Fellini ascolta e annota, nella sua mente le storie diventano l'affresco di un mondo assediato da una violenza cieca e pervasiva che tutto confonde. Sono episodi di lotta quotidiana, che attraversano i bassifondi della malavita, s'immergono nel vortice caotico del crimine e arrivano a sfiorare il fantasma dei poteri occulti. Questi racconti, sospesi in precario equilibrio tra descrizione della realtà e metafora visionaria, non diventaranno film...
Questo libro identifica, all'interno della Commedia, un cammino che dalla contemplazione delle conseguenze del peccato di lussuria arriva alla folgorazione della visione di Dio. L'itinerario individua, sempre attento alla grande poesia dantesca (ritmo di endecasillabi e terzine, immagini liriche ed elegiache, di una bellezza talvolta unica nella tradizione letteraria), alcuni nodi fondamentali del pensiero di Dante, uomo, filosofo, teologo e poeta. In Francesca è "incarnato" il discorso sull'amore che, superando, in parte, gli stilemi e le teorie dell'amor cortese e di quello stilnovistico, smaschera il rischio del peccato e mostra, con pietà, la fragilità umana di fronte al piacere carnale. Il personaggio di Ulisse, esaminato attraverso i testi che ne hanno edificato il mito, prima dell'invenzione dantesca, si pone, nella sua ricerca, come realizzatore in toto della razionalità umana, come l'alter ego laico di Dante toccato, invece, dalla Grazia ma sempre a rischio di cadere nell'eccesso delle sottigliezze dell'intelletto. In Catone s'identifica la questione di fondo della seconda Cantica, quella della Libertà, che è prima libertà di coscienza, segno e sintomo del libero arbitrio e poi libertà politica. Ma il "veglio" pone anche altri problemi: quelli relativi alla condizione di suicida e di oppositore dell'impero provvidenziale di Cesare e quelli circa la possibilità che le anime del Limbo e lo stesso Catone, possano, dopo l'ultimo giorno, essere assunti fra i beati. Il Canto XVII del Purgatorio, al centro del Poema, comporta una serie di questioni, in parte irrisolte, che qui si evidenziano con grande cautela. La tematica della giustizia terrena (corrotta) che dovrebbe essere, invece, proiezione della Giustizia divina, si manifesta nel cielo di Giove, attraverso il discorso dell'Aquila, rivelando la matrice della sua ispirazione nel dolore quotidiano dell'exul immeritus. Così come la celebrazione dell'ultima salita dal Primo mobile a Dio viene scandita da una serie di luoghi testuali che identificano perfettamente i sei gradini della scala al Fattore, al di là di ogni luogo comune della tradizione letteraria.