«La vita è un'arena per gladiatori dell'anima».
Seconda guerra mondiale. Sud Pacifico. Gli americani sbarcano sull'isola di Anopopei per cercare di strapparla ai giapponesi. L'ansia prima dello sbarco, i primi morti, le giornate di calma apparente in cui sembra non succedere niente (ma la tensione sale a mille e si scarica nei litigi fra commilitoni), il terrore in attesa di un attacco dei giapponesi, la fatica di trasportare un cannone nella giungla con sforzi sovrumani centimetro dopo centimetro. E la montagna da salire e conquistare che diventa, per ogni ufficiale e per ogni soldato, un'ossessione, una sfida metafisica.
Il nudo e il morto fu il bestseller americano del 1948 e lanciò Mailer tra i grandi della letteratura.
Tutt'oggi è considerato il più bel romanzo sulla seconda guerra mondiale.
«La montagna che il sergente Croft impone ai suoi uomini di scalare si staglia sopra l'intrico della vegetazione come un mostro fuoriuscito dagli abissi e rappresenta l'estremo e inespugnabile baluardo. In questo è davvero la balena di Melville, una creatura ai limiti del soprannaturale che mette a dura prova l'ambizione umana, il simbolo della vera battaglia che ogni uomo è chiamato a combattere».
Dalla prefazione di Tommaso Pincio
In una torrida notte di luglio del 1888 un uomo e una donna concepiscono un figlio in una locanda di Braunau. Non sono soli. Con loro c'è una presenza occulta che assiste, anzi, partecipa attivamente al concepimento "come l'arcangelo Gabriele fece con Geova in una notte cruciale a Nazareth". Lui è Alois Hitler, alto ufficiale della dogana con un'insana passione per le donne, la birra e le api. Lei è Klara Poelzl, terza moglie nonché, con ogni probabilità, figlia dello stesso Alois Hitler. Il terzo incomodo è il diavolo. Il 20 aprile 1889, nove mesi e dieci giorni dopo quella notte, nascerà Adolf Hitler. Ed è proprio il diavolo, sotto le mentite spoglie di un ufficiale delle SS, a narrare con brio infernale, da un incipit che rimanda direttamente a Moby Dick ("Potete chiamarmi D. T."), le vicissitudini della famiglia Hitler rivelandone senza remore i segreti più turpi e inconfessabili. Solo un maestro della scrittura con il coraggio di Norman Mailer poteva decidere, giunto all'ultima prova, di affrontare il personaggio più scomodo in un corpo a corpo che si riflette sulla pagina senza esclusione di colpi. E trovare, proprio in Adolf Hitler, l'ispirazione che gli ha concesso di scrivere il suo grande libro.
Contro una frenetica, quasi grottesca successione di sregolatezze, violenze, avventure erotiche che il protagonista del romanzo, Stephen Rojack, si trova a vivere nel breve spazio di trentadue ore sullo sfondo di una New York senza luce, si infrange il sogno di un'America trasformata da mitico paese delle possibilità, melting pot di razze e tradizioni, in allucinante incubo notturno. In questa iniziazione alla violenza, sostenuta da un linguaggio ricco, aggressivo e sfrontato, Stephen ubbidisce al proprio ritmo vitale e mantiene intatta la sua forza trasgressiva: novello pioniere deciderà alla fine di intraprendere un viaggio verso l'America del Sud, quasi vagheggiando una nuova frontiera.
Norman Mailer fa una breve, intensa e coraggiosa meditazione sulla posizione degli Stati Uniti nel mondo, che sembra caratterizzarsi per un'ininterrotta guerra dichiarata al terrorismo internazionale. Si parte dall'11 settembre, che appare sempre più uno spartiacque definitivo e il principio di una crisi d'identità senza precedenti nella storia del paese. La parola "patriottismo" può diventare un terreno di scontro, perché da un lato può richiamare i valori dell'identità nazionale, dall'altro invece può essere agitato come uno stendardo dai nuovi crociati che pensano soprattutto a lottare contro il "male", considerato a priori un Nemico Esterno.