Con questo secondo volume si conclude la pubblicazione del Poema degli astri di Manilio: il testo critico, che deriva da un riesame dell'intera tradizione testuale, è a cura di Enrico Flores; la traduzione di Riccardo Scarda; e il commento, per la parte storico-letteraria di Riccardo Scarda e per quella astronomico-astrologica di Simonetta Feraboli.
Il poema degli astri nacque da un profondo senso di angoscia metafisica e psicologica. Per vincere questa angoscia, Manilio conobbe un solo mezzo: indagare i segreti della natura (che è "divina", come l'uomo), portandoli alla più estrema chiarezza intellettuale. Spiegando questi misteri, Manilio trovava dovunque i segni della necessità, che guida tutte le cose. La venerazione della necessità faceva discendere la quiete nell'animo inquieto di Manilio e dei suoi contemporanei. Oggi, siamo abituati a trovare in ogni giornale oroscopi astrologici. Ma chi voglia conoscere la grandezza del pensiero astronomico-astrologico, legga Manilio, con le sue descrizioni dei caratteri umani dipendenti dagli astri: meravigliose per penetrazione psicologica e ricchezza di rapporti. Con arte squisita, Manilio disegna i tappeti del cielo; e dal cielo guarda tutte le regioni della terra, tutte le attività umane, tutte le minime vicende della storia e della vita quotidiana. Ogni cosa ha rapporto con le altre: tutto forma un'architettura. Usciamo dalla lettura del suo poema, così complesso e variegato, con l'animo pieno di reverenza.
Testo raffinatissimo accompagnato da una pregevole curatela che tuttavia, per il tema trattato, può raggiungere un pubblico ampio di lettori interessati alle questioni astrologiche. Con arte squisita, Manilio disegna i tappeti del cielo; e dal cielo guarda tutte le regioni della terra, tutte le attività umane, tutte le minime vicende della storia e della vita quotidiana. Il testo critico, che deriva da un riesame dell’intera tradizione testuale, è a cura di Enrico Flores (ordinario di letteratura latina nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Napoli Federico II); la traduzione di Riccardo Scarcia (ordinario di filologia latina all’Università di Roma Tor Vergata); il commento, per la parte storico-letteraria di Riccardo Scarcia e per quella astronomico-astrologica di Simonetta Feraboli che insegna letteratura greca all’Università di Genova.
Indice - Sommario
Abbreviazioni bibliografiche
Sommario
TESTO E TRADUZIONE
Sigla
Libro terzo
Libro quarto
Libro quinto
COMMENTO
Libro terzo
Libro quarto
Libro quinto
"Il poema degli astri (Astronomica)" è uno dei capolavori sconosciuti della letteratura latina. Del suo autore sappiamo soltanto che fu contemporaneo di Augusto e di Ovidio. Manilio voleva conoscere, e far conoscere a tutti, il segreto dell'universo. Aveva un precedente: Lucrezio, del quale cercò di rovesciare l'impresa. L'universo non era un aggregato di atomi, come credevano gli epicurei. Non era dominio del caso: ma un'immensa architettura divina, un mirabile organismo provvidenziale. Il cuore di questa ispirazione divina erano gli astri; e tutto l'universo era un solo intreccio di rapporti, che conducevano dalla palpitazione delle stelle e delle comete fino alla vita della terra e ai diversi destini umani. Così il poeta degli astri si convertiva in un trattatista astrologico.
Manilio è uno squisito poeta alessandrino, che disegna tarsie elegantissime, dove il ricordo di Virgilio e delle figure mitologiche si intreccia con i tappeti fiammeggianti del cielo. Questa edizione critica degli Astronomica, curata da Enrico Flores, propone un testo nuovo rispetto a quelli di Housman e di Goold. La traduzione di Riccardo Scarcia rende mirabilmente il respiro cosmico e letterario dell'opera latina. Il commento, a cura di Simonetta Feraboli e Riccardo Scarcia, ricostruisce la cultura astronomica e astrologica di Manilio, e i complicati processi della sua arte letteraria.
Indice - Sommario
Introduzione
Abbreviazioni bibliografiche
Nota sulla cosmologia di Manilio
Nota al testo
Sommario
TESTO E TRADUZIONE
Sigla
Libro primo
Libro secondo
COMMENTO
Libro primo
Libro secondo
Indice della terminologia tecnica
Prefazione / Introduzione
Dall'introduzione
La mancata inclusione degli "Astronomica" nello scrinium delle letture consigliate è una delle ragioni della circolazione dell'opera nelle zone periferiche della società intellettuale ed entro gli ambiti più privati degli interessi specialistici. Non sarà certamente un caso se Quintiliano stesso, nel menzionare due poeti didascalici campioni delle ultime generazioni repubblicane, citerà soltanto Lucrezio ed Emilio Macro, e se sono solo Lucrezio ed Emilio Macro - non Manilio - a comparire quali rappresentanti della categoria nel Chronicon di Girolamo per il tramite del de poetis del quintilianeo Svetonio (anche se Macro, in Svetonio, poteva forse comparire nell'altra sua veste di poeta elegiaco). E mancata, in altre parole, a Manilio l'attenzione dello studio delle classi di scuola e una consequenziale lettura dei suoi versi che mirasse alla comprensione della personalità e del carattere artistico dell'autore, quale quella che connota non solo il progresso della bibliografia critica, come accade per i maggiori, ma anche l'elementare aggregarsi di informazioni di tipo personale, che, risalendo da qualche contenuto dell'opera al privato dell'autore, consentano la modesta costituzione, se non di una vita chiarificatrice, almeno di un accessus all'opera di ragionevole dimensione ed esaustività: il legame tra esegesi preventiva del testo e lo stabilirsi di una sorta di vulgata di ordine biografico, che valga da cenno in-troduttivo alla pratica acquisizione dell'opera poetica che interessa e di cui si sta appunto per incominciare l'assimilazione materiale, è infatti cosa troppo nota perché se ne debbano ancora chiarire coordinate culturali e necessità storica.
Pesa inoltre, in un modo o nell'altro, su buona parte della letteratura dei primi decenni dell'età imperiale l'incertezza sociale dei tempi che la produssero e il carattere un poco provvisorio anch'esso dell'istituzione politica (il principato) cui essa era legata, nonché gli alti e bassi della lotta politica con l'ascesa o il crollo di gruppi dirigenti e delle relative clientele: non è improprio supporre, pertanto, che la precoce riduzione ai margini della distribuzione libraria degli Astronomica come noi li conosciamo possa essere addebitata anche al tramonto repentino di una figura politicamente e culturalmente imponente quale quella del Germanico guerriero e letterato (19 d.C.), e che il lavoro in sé si sia preservato - accanto a pochi frutti ben individuabili quale genus pratico della medesima età gaiana e tiberiana, come i densi libri morali di Valerio Massimo o il compendio storico di Velleio Patercolo o la sezione de medicina dell'enciclopedia di Cornelio Gelso - proprio in grazia del suo apparente carattere di forte specializzazione scientifica, degno comunque di essere consultato a livello di professionalità alquanto riposte e di dignità servile, come quelle attinenti alla divinazione astrale e al calcolo pratico degli oroscopi: destino affine a quello della letteratura oneirocritica o finanche botanica, veterinaria e dei ricettar! di culinaria. Fruizione discreta, anche fruttuosa di guadagni d'ogni genere, ma che dei preliminari di una uita Mattili contenente dati anagrafici e dettagli sui mores di lui poteva benissimo fare a meno. Così potrà credersi senza fatica che tutte le riproposte editoriali successive degli "Astronomica", che hanno rappresentato gli anelli della trasmissione dell'opera nei secoli, fino ai tempi di quella editoria aristocratica del tardo antico che riproponeva altre imprese - quali le rinnovate emendationes di Persio o di Tito Livio - come ben più comprensibili bandiere della tradizione "pagana" da opporre alla supposta degradazione del presente, e che in un modo o nell'altro rappresenta la zona archetipica dei nostri recuperi della letteratura latina attraverso il Medioevo, non potranno prescindere dal valore d'uso fortemente strumentale conferito all'opera, come si diceva, assai per tempo.
Carattere apparente, dico, perché non ci dovrebbero essere dubbi, per il lettore moderno, che Manilio non è egli stesso un professionista autentico degli argomenti di cui canta e che ha scelto il tema che ha scelto sia per concessa licenza corporativa quiàlibet audendi, sia perché per condizionamento ambientale e storico egli (come generazione) appartiene ancora a un "regime ideologico" - per cosi dire - che concede legittimità all'ambizione dell'inuentio: regime irrimediabilmente scaduto con la fine dell'avventura dinastica giulio-claudia, quindi con il rafforzamento istituzionale del principato da parte dei Flavi e la parallela più marcata distinzione - per le diverse categorie sociali - dei rispettivi compiti produttivi, e con la svolta autoritaria e garantista di Traiano, una pietra tombale sul sistema compromissorio della diarchia Senato-Imperator, infine con la scomparsa dell'aemulatio nei riguardi della Grecità artistica e scientifica a favore di una autonoma gestione della variabilità interna dei contenuti dell'arte poetica e delle scienze, nonché dello sviluppo di una polyeideia tutta romana. Non c'è, d'altro canto, ragione alcuna - anche nel mondo classico - che un matematico o un medico o un architetto, o appunto un astronomo, "autentici" scrivano in poesia per informare dei risultati dei propri studi e per fare il punto sullo stato d'avanzamento tecnico delle loro rispettive professioni.