Il XIII secolo, il secolo d’oro della Scolastica medievale, che ha visto tra i suoi protagonisti teologi e filosofi del calibro di Tommaso d’Aquino, Alberto Magno, Bonaventura da Bagnoregio e Ruggero Bacone, è anche il secolo in cui la riflessione sui segni assume un ruolo centrale non solo negli ambiti tradizionali delle arti del trivio (grammatica e logica, in particolare), ma anche in altri ambiti da quello teologico a quello medico e della filosofia naturale. Le tradizionali riflessioni sulla teoria del segno che si erano sviluppate da Agostino di Ippona si incontrano con gli spunti che vengono dall’Aristotele della logica nova (Analitici Primi e Secondi, Topici, Confutazioni sofistiche e Retorica), producendo una revisione della definizione e della classificazione dei segni. In diversi ambiti (dalla riflessione grammaticale sulle figure retoriche alla teologia sacramentale o all’angelologia) emerge con grande forza una particolare attenzione all’uso dei segni e del linguaggio che permette di parlare, per la prima volta dopo l’illustre precedente di Anselmo di Aosta, di una vera e propria pragmatica medievale, che si affianca alle originali elaborazioni della semantica e della sintassi grammaticali (in particolare dei Modisti) e della semantica logica della “suppositio” (dei terministi della prima metà del secolo).