Un volume scritto da un papà, che di professione fa il manager, per raccontare quanto si può fare (e imparare a fare) quando nella vita arrivano i figli. Partendo da due dimensioni apparentemente lontane -- la famiglia e il lavoro -- per le quali l'unica strada possibile sembra la faticosa conciliazione di tempi e organizzazione, Martinelli riflette su quanto il "fattore umano" possa cambiare le cose, in casa come in ufficio. In queste pagine troviamo allora la rassegna di quelle importanti soft skills che così bene funzionano in ambito professionale e che, guarda caso, vengono affinate in quella particolare fase della vita in cui si diventa genitori: saper essere pazienti; saper sviluppare la creatività; saper stimolare l'autonomia e delegare ("Faccio io, papà!"); saper dare sicurezza ma anche indirizzare verso una vocazione; saper mediare e definire il tempo in modo chiaro... È quasi un master, quello della paternità, in cui l'idea di collaborazione e di squadra, ma anche l'autorevolezza e il senso di responsabilità diventano la cifra della vita e un dono da condividere.
"Felicità delle creature deboli. Un'espressione dolce e cruenta. In qualche modo è racchiuso qui il mistero del giocatore di Marco Martinelli, nel cui lavoro la bellezza ha tanta parte, da sempre." (Dalla postfazione di Marco Dotti)
«È un lavoro essenzialmente pratico indirizzato principalmente a tutti i fratelli e sorelle chiamati a rendere un servizio di accoglienza soprattutto all'interno delle comunità di vita cristiana che ci sono nella Chiesa cattolica, ma non solo. In verità, si cerca di dare delle indicazioni e d'ispirare tutti al servizio ovunque questo si renda necessario.
Non è un'opera superficiale. Anzi la ritengo molto profonda, costellata di numerose citazioni bibliche e magisteriali, che servono a mostrare la solidità delle basi sulle quali si fonda.
Si tratta di una lettura bella, piena del sentimento e dell'affetto che si respira nella loro bellissima famiglia e nella comunità del Rinnovamento nello Spirito Santo, meta privilegiata di quest'opera.»
Dall'introduzione di Mons. Gerald Cadieres
"Immaginateveli, sì, i vostri figli o alunni come se fossero degli asinelli, perché asini lo sono davvero - so bene che su questo punto siete d'accordo con me - ma immaginateli come asini turbolenti, pieni di paure e ombre, ma anche di desideri inconfessati, di passioni inespresse, affamati di vita, di ignoto, di sogni. Spesso a voi insegnanti e genitori nascondono questi sogni, se li tengono per sé, vi si rifugiano dentro come le talpe nelle loro gallerie sotterranee: è la loro tattica di sopravvivenza, non si palesano quasi mai davanti ai vostri occhi come realmente sono. Dall'altra parte immaginate i testi antichi del teatro, I classici polverosi dai nomi impronunciabili: da Eschilo all'Aristofane che campeggia nel titolo di questo libro, da Plauto a Molière a Shakespeare, fino ad Alfred Jarry, fino a Bertolt Brecht. Guardateli insieme, gli asini e i classici, i barbari e la biblioteca: niente di più lontano, dite voi? Avete ragione: un adolescente di oggi conosce tutti i tipi di iPhone, e sa smanettare su ogni tastiera elettronica; che hanno a che fare con lui quei busti da museo, quelle barbe intimorenti e quella noia annunciata? Nulla. Gli asinelli e i classici sono legni che appartengono ad alberi lontanissimi tra loro, ai confini opposti della foresta, destinati a non incontrarsi. Ma se qualcuno fosse in grado di avvicinarli?" (Marco Martinelli)