
Roma, Stadio Olimpico, domenica 28 Ottobre 1979, incontro Roma-Lazio. I coniugi Paparelli, giovani romani sostenitori biancocelesti, entrano in Curva Nord per assistere al derby. L'attesa spasmodica dell'ingresso in campo di squadre, il clima bollente delle tifoserie organizzate, i cori dei primi gruppi ultras, il rullio dei tamburi, gli striscioni al fulmicotone per gli avversari. A circa un'ora dal fischio d'inizio, dalla Curva Sud giallorossa vennero sparati in sequenza due razzi nautici ad alto potenziale. Volteggiarono in aria per oltre 200 metri, attraversando tutto il rettangolo di gioco. Il secondo razzo colpì mortalmente al volto Vincenzo Paparelli, 33 anni, padre di due bambini. Fu il primo caso in Italia di un tifoso morto in uno stadio di calcio. A trent'anni di distanza dalla tragedia, per la prima volta suo figlio Gabriele racconta insieme alla mamma Vanda come la loro vita sia stata spezzata per sempre da quel gesto sconsiderato. Una domenica di follia, una morte assurda, una storia incredibile. Ripercorsa tutta d'un fiato. Per non dimenticare.
L'11 novembre 2007, poco dopo le nove del mattino, lungo l'Autostrada del Sole, il ventiseienne Gabriele Sandri viene ucciso da un colpo d'arma da fuoco esploso da Luigi Spaccarotella, agente della polizia stradale. Dopo un paio d'ore si diffonde la notizia della morte e i mass media si scatenano per coprire mediaticamente l'evento ed è un susseguirsi di dirette Tv, dibattiti, edizioni speciali dei TG e tavole rotonde. Il mondo del calcio, quello della politica e delle istituzioni entrano nel caos. Si parla di emergenza sociale: ovunque scoppiano focolai di rivolta, scontri, arresti, feriti, assalti alle caserme. Un giovane tifoso è stato ucciso, ma i media non chiariscono, né come, né per mano di chi.