Quattro dialoghi che invitano a riflettere sul senso della vita, un alternarsi di voci che difendono la propria idea su Dio, sul mondo e sulla libertà o meno dell'uomo. Si presenta così questo testo di Mendelsshn, pubblicato nel 1755 in pieno clima illuminista, che nasce dall'intento di intervenire sulla "questione spinoziana", di difendere i diritti della filosofia e di riabilitare quella tedesca dalle accuse francesi di astrattezza e pedanteria. L'autore celebra la capacità della metafisica tedesca di mostrare la verità delle idee di Dio, di Provvidenza e di anima.
Cela un lato irrazionale il tema dell’immortalità: è la paura della morte alle origini dei culti primitivi, nonché delle religioni classiche e dei monoteismi – ebraismo, cristianesimo, islamismo. Tuttavia è la ragione che ha tradotto quella stessa speranza d’immortalità nel rigore delle categorie filosofiche: a partire da Platone, che nella fine di Socrate elogia l’esercizio filosofico della morte, il tema dell’immortalità è stato diversamente declinato nei grandi sistemi metafisici, cercandone i segni, trovandone le prove.
Il filosofo ebreo-tedesco Moses Mendelssohn nella sua opera Il Fedone, qui proposta in prima edizione italiana a cura di Francesco Tomasoni, riprende le argomentazioni platoniche nutrendole delle riflessioni filosofiche successive per renderle più efficaci, riscrivendo il Fedone in tre dialoghi fra Socrate e i suoi amici affermando l’immaterialità dell’anima.
Lo spirito illuministico che risuona in queste pagine – il tentativo di elevare la figura di Socrate a universale o l’idea di Dio a concetto comune a tutte le culture e le confessioni religiose – destina loro una posterità: non a caso Kant le cita nella Critica della ragion pura. Su un tema tanto scandagliato, questi dialoghi rimangono un classico per la scommessa sulla ragione che vi traluce.