Per molti Reinhold Messner è il «duro» che sfida se stesso e la natura, l'uomo che «va ai limiti», il «lupo solitario» che vaga per le più grandi lande montuose e desertiche della Terra. Da altri, invece, è considerato «egocentrico», «svitato», se non addirittura insopportabile per la sua smania di protagonismo. Ben più interessante però è solo quando ogni etichetta viene tolta, veli e maschere cadono, mostrando una persona per quella che è al di là di ogni cliché. In queste conversazioni con Michael Albus, un esploratore dei confini del mondo e dei confini dell'anima fa un bilancio della sua vita, dei suoi successi, ma anche dei suoi dubbi e delle sue sconfitte; parla di alpinismo, di politica, del mondo contemporaneo, della sua famiglia, della sua terra, di religione. Un pensiero critico, ponderato, onesto.
"L'idea di questo libro, come spesso accade, si è presentata ai curatori quasi per caso: in occasione di un appuntamento in centro a Milano in cui, mentre facevano il punto su possibili future collaborazioni per il Trento Film Festival, sono emersi i ricordi di fatti e aneddoti personali relativi al Sessantotto e alla contestazione giovanile. Vista la comune passione per l'alpinismo, il collegamento con il cinquantenario del famoso articolo di Reinhold Messner su "L'assassinio dell'impossibile" è stato automatico. E, in un divertito gioco al rilancio, dall'idea di una serata al Festival dello stesso Messner che collegasse il suo '68 a quello di un'intera generazione, si è arrivati a immaginare di chiedere ai migliori scalatori cosa rimanga dell'impossibile. Un progetto immediatamente sposato da Reinhold Messner e dalla Rizzoli. Reinhold stesso ha poi deciso di partecipare in prima persona e di far diventare suo il libro aggiungendovi molto di più di quel suo articolo di 50 anni fa, rivisto e commentato. Ha infatti messo mano ad altri scritti con i quali aveva portato avanti la discussione con l'UIAA per perorare l'apertura verso l'alto della scala delle difficoltà. A cominciare da quello sul settimo grado, poi divenuto la base del famoso - e ormai introvabile - libro, dal quale Messner ha ora ripreso e riscritto gran parte dei capitoli che trovate qui e che permettono di ricostruire l'evoluzione del suo pensiero attraverso il suo stesso agire di giovane alpinista innamorato del mondo verticale. Sono lavori attualizzati nel tempo, fino a inserire anche la questione dell'ossigeno sugli Ottomila nell'ampia problematica dell'etica, o, per meglio dire, di un alpinismo non dei numeri. Il problema come si vedrà è sempre lo stesso: fare chiarezza sul comportamento. Rifuggire i trucchi, che non sono solamente quelli offerti dall'evoluzione tecnologica. Come suggerisce ironicamente l'episodio finale dell'albero della cuccagna, in cui è proprio un Messner universitario a utilizzare la 'progressione artificiale'... Il progetto si è poi impreziosito grazie all'entusiasmo e alla partecipazione di molti dei più grandi alpinisti e arrampicatori, che hanno contribuito con riflessioni di grande interesse, partendo dai più vari spunti e punti di vista. Un totale di 42 contributi provenienti da ogni area del mondo in cui si pratica alpinismo e ogni genere di arrampicata ai massimi livelli e alla ricerca di sempre nuovi impossibili che consentano a tutti i conquistatori dell'inutile di trovare la propria avventura e di riconoscere i propri limiti per il gusto di poterli infrangere o ricreare, a piacimento..." (Dalla prefazione di Luca calvi e Sandro Filippini)
I destini di due grandi uomini a confronto. Il libro che Reinhold Messner dedica a Walter Bonatti mette in parallelo le loro vite attraverso diversi registri narrativi: la cronaca della lunga notte sul K2 tra il 30 e il 31 luglio 1954, in cui Bonatti rischiò di morire, un evento cruciale che ha condizionato la sua esistenza di alpinista e di uomo; la biografia di Bonatti, ricostruita da Sandro Filippini in forma romanzata con l'ausilio di documenti d'epoca e di testimonianze dirette; infine il racconto in prima persona di Messner, che commenta la vicenda alpinistica e umana dell'amico, paragonandola alla propria. L'esposizione a più voci è come una sceneggiatura cinematografica, in cui si alternano io narrante e voce fuori campo, presente e passato, realtà e finzione narrativa.
Cosa significa la parola patria? Quanta libertà deve avere un bambino? Paura, egoismo, istinto sono caratteristiche umane necessarie per sopravvivere in certe condizioni? Reinhold Messner scrive il suo personale "lessico" di vita che lo ha portato a trasformarsi da ragazzino di un paesino di montagna nel più grande esploratore e alpinista dei nostri tempi, nonché uomo politico, coltivatore, creatore di musei unici al mondo, marito e padre. Nel corso delle sue innumerevoli spedizioni ha capito cosa serve veramente per sopravvivere in situazioni estreme. Nel corso della sua vita ha capito l'importanza di affermare la propria individualità nel modo più consono a se stesso, cercando con forza un senso in tutto ciò che fa, spesso combattendo contro pregiudizi e critiche feroci. E con il bagaglio di esperienza di chi ha affrontato la natura nelle sue manifestazioni più pericolose, parla di ambizione e pudore, incubi e vecchiaia, di capacità di reinventarsi e di accettare la vita che ci aspetta. Con sincerità e con una convinzione che si è rafforzata negli anni, Reinhold Messner racconta l'essenza della sua esperienza di vita in settanta parole chiave, settanta momenti, settanta riflessioni che coprono l'intero arco della vita.
Si incontrano per la prima volta nel 2004, eppure le loro vite si erano incrociate già molti anni prima. Da ragazzo Reinhold Messner guardava a Walter Bonatti come a un modello di coraggio e integrità, e nel 1971 scoprì che gli aveva dedicato il suo libro "I giorni grandi", riconoscendolo come suo allievo e successore. Numerosi aspetti accomunano questi due uomini che hanno realizzato molte delle più significative scalate della storia dell'alpinismo: l'approccio tradizionale senza mezzi artificiali; la ricerca della solitudine anche nelle situazioni più estreme; le accuse ingiuste, a Bonatti nella discussa vicenda del K2, a Messner dopo la spedizione del Nanga Parbat, in cui perse la vita il fratello Gùnther; infine la definitiva - per quanto tardiva - riabilitazione, quando la verità storica è stata accertata. Il libro che Reinhold Messner dedica a Walter Bonatti mette in parallelo le loro vite attraverso diversi registri narrativi: la cronaca della lunga notte tra il 30 e il 31 luglio 1954 sul K2, in cui Walter Bonatti rischiò di morire, un evento cruciale che ha condizionato tutta la sua esistenza di alpinista e di uomo; la biografia di Bonatti, ricostruita da Sandro Filippini in forma romanzata con l'ausilio di documenti d'epoca e di testimonianze dirette; infine il racconto in prima persona di Messner, che commenta la vicenda alpinistica e umana dell'amico, confrontandola con la propria.
Sessant'anni di fotografie che riassumono la vita del più grande alpinista di tutti i tempi, commentate da brani tratti dai diari delle salite. Potrebbe essere un atlante geografico: non c'è angolo del pianeta che non sia rappresentato, dalle Dolomiti all'Everest, dal deserto del Gobi al Taklimakan, dalla Nuova Guinea alle Ande, dal Kenya al Caucaso... Potrebbe essere un libro di storia dei costumi e delle tradizioni: Messner non è solo l'alpinista che cerca di superare il limite in alta quota, è anche il viaggiatore interessato alle persone che incontra, ai villaggi sperduti, all'arte orientale... Potrebbe essere un libro di memorie: dalle prime fotografie in bianco e nero che ci parlano del mondo di un altro millennio e che rappresentano un ragazzo con i calzoni alla zuava appeso alle pareti strapiombanti delle Dolomiti, ai panorami spettacolari dei ghiacciai perenni dell'Himalaya negli anni dei 14 ottomila in stile alpino. È il grande libro di Reinhold Messner: il bilancio di una "vita al limite", la storia di un moderno Ulisse.
Questo libro nasce con l'obiettivo di estendere le esperienze dell'alpinismo estremo a un ambito più vasto, in quanto ogni spedizione rappresenta un ottimo esempio di come ognuno di noi può imparare ad affrontare le sfide, non solo nel campo del lavoro, andando oltre i propri limiti. Tutte le memorabili avventure di Messner, infatti, sono state realizzate grazie alla sua eccezionale concentrazione, resa incrollabile da una filosofia di vita prima ancora che da una tecnica agonistica. L'allenamento mentale, la capacità di scoprire e sviluppare le proprie risorse, la saggezza di capire che non esiste coraggio senza paura, il fallimento considerato come punto di partenza per nuove conquiste, l'importanza della motivazione per riuscire a superare i propri limiti sono solo alcuni dei moltissimi spunti di riflessione trattati nei capitoli del libro. E i paralleli con l'esperienza di ogni giorno sono evidenti: la vetta come successo professionale, la cordata intesa come team alla guida di un'azienda, gli "sherpa" come simbolo dell'aiuto insostituibile dei collaboratori, la tecnica di arrampicata come metodologia di lavoro. Ogni impresa narrata diventa così il paradigma di come affrontare e risolvere i problemi in ogni occasione della vita privata e professionale, con la forza e l'entusiasmo necessari per raggiungere la meta. Riflessioni, approfondimenti, consigli arricchiscono il volume di un valore in più e rappresentano un contributo prezioso per capire, prima di tutto, noi stessi.
Primo scalatore ad aver salito tutti i quattordici Ottomila, Reinhold Messner ha compiuto alcune fra le sue imprese più straordinarie nelle Alpi, e alle Alpi torna in questo libro di ricordi e di bilanci. Lo spunto è offerto dal tentativo, compiuto nell’estate 2004, di affrontare la parete ovest dell’Ortles lungo la via dei primi salitori: un’esperienza che sarebbe potuta finire in una catastrofe. Messner e i suoi due compagni sbagliano la via e all’improvviso si ritrovano su una parete di roccia verticale di mille metri, al di sotto di un gigantesco tratto di ghiaccio strapiombante. Tornare sui propri passi non è possibile. L’unica opzione è la fuga verso l’alto. A salvare i tre alpinisti nell’imperscrutabile labirinto verticale sarà alla fine l’infallibile istinto di Messner, prezioso tanto nell’ottenere successi clamorosi quanto, e soprattutto, nel saper rinunciare quando è il momento.
La montagna è deve restare, per Messner, l’ambito del pericolo, del rischio, della sfida consapevole: non ha senso cercare di addomesticarla a vantaggio dell’avventura consumistica. Così la si svilisce, questo è il grido appassionato che Messner lancia in Parete Ovest, e la si depriva della sua natura che la rende una risorsa dell’umanità.
Il 27 giugno 1970 i due fratelli altoatesini Reinhold e Günther Messner realizzano la prima salita della parete Rupal del Nanga Parbat, la parete di roccia e ghiaccio che con i suoi 4500 metri di altezza è la più imponente della Terra. Ma la discesa lungo l’altro versante, sconosciuto, che finisce nella valle Diamir, ha un epilogo tragico: la morte di Günther, travolto da una slavina. Il capo spedizione si adopera affinché vengano taciute le circostanze reali in cui si è verificata la catastrofe. Il resoconto di Reinhold Messner sulla drammatica odissea, concepito come una sceneggiatura, viene vietato, poiché il capo spedizione aveva fatto firmare a tutti i partecipanti un documento in cui si impegnavano a non pubblicare nulla sulla spedizione. Il titolo era Die rote Rakete (Il razzo rosso), proprio come l’ingannevole segnale luminoso che avrebbe dovuto segnalare ai fratelli Messner l’evoluzione prevista delle condizioni meteorologice.
Per decenni Reinhold Messner è stato vittima di campagne denigratorie, viene accusato di aver sacrificato il fratello minore in nome della sua ambizione personale, accuse che incredibilmente non si placano nemmeno nel momento in cui il Nanga Parbat restituisce i resti mortali di Günther dove Messner aveva detto che dovevano essere, e la versione di Reinhold Messner viene confermata in sede giudiziaria. Oggi, a quarant’anni dall’eroica e tragica impresa, Razzo rosso sul Nanga Parbat vede finalmente la luce, con una nuova prefazione dell’autore e splendide fotografie.
La montagna a modo mio riassume il pensiero di Messner sulla vita che ha scelto. Racconta senza veli le sue idee più radicate e profonde sulla natura e sull’essenza dell’alpinismo, sull’andarsene e sul tornare, sulla motivazione e sulla realizzazione, sul percorso verso l’interiorità. In questo libro vengono toccati tutti i grandi temi: i primi successi in campo alpinistico, la rivoluzione dello stile alpino, i grandi risultati, la fama internazionale dopo la salita del monte Everest senza fare ricorso all’ossigeno, il ciclo degli ottomila, le spedizioni attraverso i deserti del mondo, il suo impegno sociale e politico, la fondazione di musei, ma anche la sua vulnerabilità di fronte alle polemiche seguite alla morte del fratello sul Nanga Parbat.
Molte sono le interviste raccolte, che si fondono armoniosamente con altri testi di Messner, resoconti di spedizioni, reportage, articoli, attraverso i quali è possibile scoprire un uomo sorprendente che obbedisce sempre e solo alla sua legge interiore: la vita straordinaria di un idealista con i piedi ben piantati per terra, che ha cercato e percorso le creste più elevate così come gli abissi più profondi.