"La lunga vita di Liana Millu è paragonabile, per alcuni versi, a quella di questa sua opera: solo il passare degli anni ha fatto sì che la sua straordinaria parola udita a viva voce o fissata sulla carta, ampliasse via via il numero degli ascoltatori e dei lettori chiamati a custodire quel messaggio e quindi a onorare quella persona. Ciò avviene quando il tempo della esistenza di Liana si sta facendo breve. Questa situazione in lei si riflette in una parola sempre più carica di una compassione profonda, tutelata da un senso supremo della misura; di contro, nell'ascoltatore tale condizione da un lato aumenta lo struggimento, mentre, dall'altro, rafforza in lui la convinzione di essere coinvolto in un evento nel momento stesso in cui sta udendo delle parole: ora a lui stesso è stato affidato il compito di testimoniare, imperativo a cui ormai può sottrarsi solo percorrendo l'infida via del tradimento". (Dalla Prefazione di Piero Stefani)
L'ultima testimonianza lasciata da Liana Millu, ebrea genovese di origine pisana, giornalista, scrittrice e apprezzata conferenziera, intervistata dall'autore poco prima della sua scomparsa, avvenuta il 6 febbraio 2005. La voce di una deportata sopravvissuta all'orrore di Auschwitz-Birkenau riecheggia in una lunga conversazione che è anche un monito a combattere il brodo di coltura di ogni sopraffazione: la nostra indifferenza. L'intervista è preceduta da un breve racconto che trae spunto da un drammatico episodio narrato da Liana Millu nel suo libro "Il fumo di Birkenau" (Giuntina): la gravidanza che una sua compagna di baracca riuscì a tenere nascosta ai nazisti fino al parto, conclusosi tragicamente con la morte di madre e neonata.
"'Il fumo di Birkenau' di Liana Millu è fra le più intense testimonianze europee sul Lager femminile di Auschwitz-Birkenau: certamente la più toccante fra le testimonianze italiane. Consta di sei racconti, che tutti si snodano intorno agli aspetti più specificamente femminili della vita minimale e disperata delle prigioniere. La loro condizione era assai peggiore di quella degli uomini, e ciò per vari motivi: la minore resistenza fisica di fronte a lavori più pesanti e umilianti di quelli inflitti agli uomini; il tormento degli affetti familiari; la presenza ossessiva dei crematori, le cui ciminiere, situate nel bel mezzo del campo femminile, non eludibili, non negabili, corrompono col loro fumo empio i giorni e le notti, i momenti di tregua e di illusione, i sogni e le timide speranze." (Dalla prefazione di Primo Levi)