La città rappresenta l’àmbito per il necessario rinnovamento della Chiesa e della pastorale in senso missionario. L’àmbito in cui vivere una fede che sappia misurarsi con la concretezza quotidiana e dove operare per l’umanizzazione del mondo, tenendo fermi due poli di ascolto e di riferimento: la Parola di Dio e la voce, meglio, le voci della città. Nella città confluiscono, e in essa anche nascono, molte sfide che oggi il mondo si trova ad affrontare, ponendo in modo nuovo la questione dell’uomo e del suo destino. Osserva il prof. Antonio Maria Baggio in Prefazione, che «il risanamento di una città comincia dal risanamento dei rapporti tra le persone», il suo stato di salute dipende «da coloro che ne hanno cura: non si tratta dei governanti o dei sapienti che parlano dall’alto, ma dei cittadini-custodi, coloro che si assumono la responsabilità ciascuno degli altri, che generano le persone alla cittadinanza e insieme cercano di scoprire il “disegno” della città e di custodirlo». La città va ascoltata, leggendo le sue trasformazioni attraverso i volti, nella certezza che, come ha detto Papa Francesco, «il Signore è attivo e all’opera nel mondo».
C’è un’intima connessione tra annuncio del Vangelo e servizio all’uomo nella sua concretezza storica. Uno stretto legame tra edificazione della Chiesa, nella quale è vivo e presente il Cristo risorto, e la costruzione della società, quale città degli uomini redenti dallo stesso Cristo morto e risorto. Il cristiano è chiamato a vivere la città, il suo essere cittadino, con la consapevolezza che è suo compito contribuire a edificarla e che, nello stesso tempo, deve attenderla con speranza, perché l’opera è più grande di quello che viene affidato alle sue mani.
Le città, oggi, ben riflettono le grandi e rapide trasformazioni che caratterizzano la fase storica che stiamo vivendo e la stessa condizione di pluralità nella quale siamo immersi e con la quale siamo chiamati a confrontarci e interagire: pluralità di soggetti; diversità dei riferimenti valoriali; molteplicità di culture; differenziazione delle esperienze religiose; vasti flussi migratori di persone e famiglie; costante destrutturazione e delegittimazione delle istituzioni a vantaggio dell'individuo; concatenazioni sempre più forti ed evidenti, che da tempo non riguardano più soltanto la dimensione economico-finanziaria e quella delle comunicazioni, ma che avvolgono ogni ambito del vivere. In questo contesto, basandosi su un'esperienza effettivamente fatta agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, in un piccolo paese alle porte di Firenze, l'autore individua un modello o più opportunamente, «un principio operativo, mosso e sostenuto da logiche deduttive, induttive e associative, che si interrogano e interagiscono virtuosamente. Un modello che àncora l'intera vicenda migratoria ad alcuni valori chiave e la colloca nell'ambito di una visione complessiva di società, che si basa su tre pilastri portanti - la plurietnicità, la multireligiosità, l'interculturalità - e che si declina assumendo l'interazione come orientamento di fondo e come modalità operativa».