L'amore non è cieco, ma veggente: scorge, riconosce e chiama a essere in tutta la sua pienezza la verità di ciò che è e di ciò che siamo. Come ha scritto Simone Weil, "invece di parlare di amore della verità, è meglio parlare di uno spirito di verità nell'amore" dal quale la filosofia e la vita hanno molto da imparare, perché l'amore sa. Ma per comprenderne l'insegnamento occorre non confonderlo con le dinamiche di coppia con le quali non coincide, ma nelle quali, piuttosto, si aliena ogni volta che cerchiamo di imprimergli il nostro modo d'essere invece che accoglierlo e aprirci alla sua forza vivificante.
Secondo Nietzsche la filosofia non nasce affatto, come si è soliti pensare, da un afflato disinteressato al sapere, ma da un'inquietudine esistenziale figlia dell'incapacità dell'uomo di dare senso alla precarietà della propria vita. Abbracciando tale prospettiva, questo libro invita a liberarsi dalla tendenza a considerare patologica ogni forma di disagio esistenziale per provare a pensare filosoficamente "la fatica di essere se stessi". Capitolo dopo capitolo, il volume si rivela un percorso di autenticità nel quale la malattia e l'eccesso di medicalizzazione, l'ansia da prestazione e il senso d'inadeguatezza, la bassa soglia di sopportazione delle difficoltà, il risentimento e il senso di colpa rispetto al tempo passato, la frustrazione per quello presente e l'angoscia per quello futuro, la relazione tra la paura di morire e quella di vivere si trasformano in opportunità per esaminare il nostro modo di essere al mondo e per vedere se l'esistenza, inquadrata da nuove prospettive, possa apparire sotto una luce diversa che ne rischiari il senso e le dia nuovo slancio. E se la filosofia non sarà sempre in grado di apportare agli uomini quella guarigione che "consisterà nel liberare l'anima dalle preoccupazioni della vita, per condurla alla semplice gioia di esistere" - come amava dire Epicuro -, essa potrà almeno insegnargli "a non farsi ingannare".