Con la fine delle invasioni barbariche e l’inizio dell’era comunale, l’Italia aveva ritrovato un ruolo da protagonista nella storia europea, sia sul piano politico sia su quello economico e culturale. Gli ultimi anni del Quattrocento, però, cambiano nuovamente gli equilibri continentali: la calata di Carlo VIII nel 1494 segna la fine dell’effimera libertà italiana. La nostra storia torna così a essere un riflesso di quella altrui, e per ricostruirla gli autori sono costretti a rintracciarne le fila nelle vicende di Francia, Spagna, Germania. Un panorama europeo sul quale soffia il vento della Riforma; nel 1517 Lutero espone le proprie novantacinque Tesi, ma il clima di rinnovamento culturale e spirituale che ne deriva non giunge fino a noi: l’Italia subisce il contraccolpo della Controriforma, e per secoli si trova sprofondata in un oscurantismo senza precedenti. A campeggiare tra le pagine di questo volume sono dunque le grandi figure che fecero la rivoluzione – Lutero, Calvino, Huss, Wycliff, Zuinglio – ai quali si affiancano i protagonisti dello straordinario tramonto italiano: Ariosto, Tasso, Mantegna, Galileo Galilei, Savonarola e Giordano Bruno, sul cui rogo – nel 1600 – si chiude la narrazione. Il risultato è, come sempre, una storia affascinante, che malgrado racconti un periodo drammatico non rinuncia a una vena di ironia. Come ha scritto Montanelli: “Non siamo mai stati tanto seri come nello scrivere queste giocosità”.
Che i diari di Montanelli siano un’opera a sé, diversa
dalla sua attività giornalistica, letteraria e storica,
mi sembra dimostrato dalla modesta importanza
che gli avvenimenti politici hanno in queste pagine.
Nel diario parlò anzitutto di se stesso.
Sergio Romano
“Milano, 2 giugno. È la festa della Repubblica. Io la celebro ricevendo nelle gambe quattro pallottole di rivoltella, calibro 9. Me le sparano alle 10.10, appena uscito dall’albergo Manin, alle spalle. Aggrappandomi all’inferriata dei giardini pubblici, penso: ‘Devo morire in piedi!’. Questo pensiero stupido, retaggio sicuramente del Ventennio, è forse quello che mi salva: cadendo, avrei probabilmente preso l’ultima scarica nell’addome.” Indro Montanelli ci restituisce il racconto di vent’anni di storia del nostro Paese, vissuti da protagonista e analizzati con sguardo schierato ma sempre onesto, dalla prima linea del fronte civile. Un memoriale in cui sopra gli avvenimenti risaltano le persone: amici e nemici ritratti prima di tutto come uomini, senza falsi buonismi o censure. Il risultato è un affascinante affresco d’Italia, osservata e giudicata con quella dissacrante ironia che l’autore non risparmia neppure a se stesso.
Il 22 luglio 2001, a Milano, moriva Indro Montanelli e il giornalismo italiano perdeva non solo una delle sue firme più acuminate, ma soprattutto una delle intelligenze più lucide, intense e naturalmente eretiche che abbiano accompagnato il percorso sociale e culturale del Paese durante tutto il Novecento. Perché per Indro Montanelli l'attività giornalistica è stata sempre esercizio di osservazione e di analisi dei fatti, e poi di interpretazione spiazzante e dissacrante. In un contesto giornalistico spesso paragonabile a una giungla, la sua voce è stata sempre netta e inconfondibile, al punto che a sette anni dalla sua scomparsa, mancano le sue prospettive e le sue tirate d'orecchie ai potenti di turno. In questa antologia di testi montanelliani emerge il ritratto di un grande intellettuale, ma anche di un uomo colto nei suoi momenti più privati e nei suoi affetti più cari.
Giuseppe Garibaldi, figura storica del Risorgimento italiano, incarna l'orgoglio di appartenere a una patria e la convinzione di essere allo stesso tempo "cittadino del mondo". Paladino della libertà, da difendere con tutte le forze, acerrimo nemico delle manovre sotterranee e dei giochi dei politici di professione, l'eroe dei due mondi è diventato nel tempo oggetto di un culto che unisce la storicità del personaggio alla sacralità del mito. In questa biografia si ripercorrono la vita e le imprese del condottiero dei mille, ma soprattutto se ne dà un ritratto che esula dall'oleografia ufficiale e per questo suscitò aspre polemiche.
Questo libro, che Indro Montanelli pubblicò nel 1949, racconta la storia dei tedeschi che dall'inizio della guerra tentarono di rovesciare Hitler e salvare così l'onore della Germania, pagando quasi sempre con la vita il loro dissenso. È la cronaca - condotta su fonti allora non disponibili in italiano e su interviste dirette ai testimoni - di incertezze, esitazioni, tradimenti, ma anche di atti di straordinario coraggio, narrata con lo stile secco e partecipe del Montanelli giornalista e narratore. Con una prefazione di Sergio Romano.
"'La Voce' di Montanelli uscì ogni giorno per pochi mesi a cavallo del '94-'95 ma non rimase inascoltata e nemmeno priva di eredi e allievi. Dimostrò la difficoltà, se non l'impossibilità, di fare un giornale "senza un padrino o un patrono". Ma anticipò molti temi dell'attualità politica degli anni successivi. Il Montanelli de 'La Voce' fu trattato come un pericoloso oppositore, quasi come un neocomunista. In realtà non smise mai, nemmeno per un attimo, di essere un conservatore. Libero, però."(dalla Prefazione di Ferruccio de Bortoli)
"Testimone sempre, protagonista mai". Così Indro Montanelli amava spiegare il senso della sua lunga carriera di giornalista, un "mestiere" che lo aveva visto battersi sempre e comunque in difesa della libertà. Tornato al "Corriere della Sera" dopo la breve avventura della "Voce", intrattenne nella sua "Stanza" - rubrica di punta del giornale milanese - un dialogo appassionato con i lettori parlando di tutto: di storia, di politica, di personaggi famosi, ma anche di spunti di cronaca, di riflessioni sul presente. Questa edizione dell'opera è introdotta da uno scritto di Ferruccio De Bortoli.
Dopo la "Storia di Roma" e la "Storia dei Greci", nel 1964 Montanelli pubblicò quella che sarebbe diventata la vera anteprima della "Storia d'Italia": un affresco sul Medioevo - in cui l'autore si sofferma anche su moda, dieta, giochi, sport, arredamento "e perfino sui bagni e sui gabinetti di decenza" con un grandioso protagonista al suo centro, Dante Alighieri. Allo storico-giornalista Montanelli interessano "soltanto l'uomo, il suo carattere, le sue emozioni, le sue passioni" e il suo scopo è riaccostare Dante alla "intelligenza umana del pubblico".
Il dialogo quotidiano con i lettori è stato uno dei momenti più importanti del lavoro di giornalista di Montanelli e la sua "stanza" era uno dei punti di forza del "Corriere della Sera". In queste pagine Montanelli esprime penetranti giudizi sulla politica, la cronaca, il costume dei nostri anni e rievoca gli incontri con i protagonisti del secolo scorso ed episodi della sua vita avventurosa, fornendo così al lettore, allineati in ordine sparso, i frammenti di quell'autobiografia che non ha mai scritto.
Una delle opere più riuscite, lette, e discusse di Indro Montanelli. I suoi incontri ravvicinati con personaggi che hanno segnato un'epoca della nostra storia nell'immediato dopoguerra: i ritratti - graffianti, incisivi e mai scontati - di Francesco Saverio Nitti, uno dei padri del liberalismo italiano; Anna Magnani, l'interprete insuperabile del cinema neo-realista; Guglielmo Giannini, "inventore" del Partito dell'Uomo qualunque; Dino Grandi, il fascista che contribuì a rovesciare il fascismo; e poi Marotta, Guareschi, Spadolini, Longanesi, il Campesino combattente della Spagna repubblicana, Agnelli, Rossellini, un "insolito" Gomulka e tanti altri ancora.