Il 2 febbraio 1943, con la resa della Sesta armata del maresciallo Friedrich Paulus termina la battaglia di Stalingrado, uno dei momenti più significativi della Seconda Guerra Mondiale. Viktor Nekrasov, come molti civili, combatté in prima persona nelle trincee e pochi anni dopo pubblicò questo romanzo, ancora oggi comunemente considerato una delle migliori opere della letteratura sovietica di guerra. Narrato in prima persona dal luogotenente Kerèncev (che in tempo di pace era un giovane ingegnere), il racconto ripercorre quei momenti drammatici, dall'annuncio dell'arrivo dei tedeschi ai combattimenti durissimi all'ultimo sangue che metteranno alla prova la natura umana dei vari personaggi, fino agli esiti finali in cui la resistenza eroica di un intero popolo obbligherà alla resa il nemico cambiando così le sorti di tutta l'Europa. Nekrasov è stato cittadino e soldato, e come tale si è immedesimato nella condizione degli infiniti e quasi anonimi eroi, con galloni e senza, che si sono trovati a fare la Storia sotto le mura di Stalingrado. Rifiutando ogni retorica e con una narrazione sincera e priva di enfasi celebrativa, gli umili protagonisti di questo romanzo pongono quesiti etici validi ancora oggi: ci si può fidare di un compagno sconosciuto? Qual è il vero eroismo: quello di chi si cela dietro le frasi altisonanti ma nel momento del bisogno tradisce la sua mancanza di umanità o quello di chi non sa usare le belle parole ma è capace di sacrificare la propria vita per il bene comune?