I protagonisti di questo libro sono come sei personaggi «in cerca d'autore» sul palcoscenico della Storia. Sono i Tre Re sapienti venuti da lontano e giunti a Betlemme seguendo una stella. E sono i due Ladroni, crocefissi alla sinistra e alla destra di Gesù, ultimi a parlargli. E c'è un quarto re fantasma, che si fa chiamare Prete e manda al mondo una Lettera gentile e minacciosa: sulle sue terre sconfinate nessuno ha più potere di lui. Sono le figure fuggevoli di una condizione umana che supera i limiti temporali degli eventi e celebra gli atti del Bene o le stirpi di Caino. Il viaggio sulle loro tracce va al di là del Mediterraneo, attraversa popoli e paesi verso la Terrasanta, dall'Eura¬sia all'Africa e al Medio ed Estremo Oriente, mentre le voci, le tradizioni orali e i racconti popolari descrivono un mutevole universo. Ebraismo, Cristianesimo e Islam misurano l'immenso orizzonte di deserti, regioni e distanze mai percorse prima. Questo brulicare di presenze, comunità, linguaggi e abitudini perenni trasmette emozioni che giungono fino ai tempi nostri. Dalla Galilea di Erode e Ponzio Pilato si arriva all'Europa di Goethe, Kafka, Pirandello e Beckett, fino alle strade di Mosca raccontate da Bulgakov. E sempre la domanda ritorna: è bastata la nascita del bambino di Betlemme a cambiare il mondo? Occidente e Oriente se lo chiedono ancora. E se lo chiede la letteratura fra Vangeli, antichi testi, Apocrifi, opere medievali e Libro dei Tre Re, qui tradotto integralmente. Le genti di perdute città, i nomadi delle steppe dell'Asia centrale mandano notizie di sconosciute realtà fra paure, speranze e misteri. Così, ogni anno, i Tre Re si mettono in viaggio per il più antico pellegrinaggio del tempo nuovo. Ogni anno la Lettera del Prete re provoca e ammalia i nemici e, ogni anno, i due Ladroni, crocefissi con Gesù, muoiono insieme a lui, ripetendo il dramma della sofferenza umana o l'ansia incessante per la salvezza. I sei personaggi mettono in discussione i temi del Bene e del Male. Sono attori sempre in scena: la loro storia sta fissata in una realtà che ancora oggi, più di duemila anni dopo, riguarda tutti.
Questo libro segue la traccia lasciata da Marta di Betania che, nella tradizione evangelica, accoglie nella sua casa un ospite inatteso e straordinario. Marta non è solo colei che rassetta in cucina; Marta è il simbolo della vita attiva e a Marta quell'ospite rivela cose mai dette a nessuno. Come Teresa Batista, che accompagna i capitoli del libro, Marta è donna di amori e di guerre, di fedi e di scelte dove la donna del Medioevo celebra Dio e la propria personalità. Essere Marta vuol dire essere dentro le cose, esserne vittima oppure ordinatrice, caritatevole o vendicativa, ma significa anche essere colei che accoglie: l'impegno personale, le aspirazioni, il misurarsi con i molti disagi e con il rischio dei sentimenti. Il Medioevo non lascia molte alternative al grafico sociale della donna chiusa in ruoli subalterni o soltanto familiari. Invece esistono comportamenti femminili che eludono questa geografia e prendono la scena. Si tratta di vere protagoniste, donne famose, anonime o dimenticate, personaggi che letteratura, storiografia e poesia raccontano tra colori, voci e silenzi. Nell'immagine di copertina Vermeer dipinge Marta che offre il pane: è una donna che rappresenta, oltre il tempo, la vita attiva; è una donna che agisce, nutre, prega e s'impegna. Tutte le donne della storia sono modi di essere Marta e reggono il mondo. Nell'universo sociale così mutevole e difettivo la vita attiva si esprime nell'amore, ma anche nelle guerre, nelle rivalità per il potere, nella gestione della carità e delle accoglienze, nelle devozioni e nei tradimenti. La vita febbrile e la facile morte: sono le due estremità di un segmento di esistenze dove regine, devote e assassine, affiancano le solitudini drammatiche di principesse emarginate, e le donne virtuose e sapienti, monache o laiche, non si meravigliano ai licenziosi abbandoni di chi segue l'illusione di sentirsi diversa per non essere inquieta. Marta opera in un teatro di scene incessanti dove si muovono indimenticabili fisionomie di un modo d'essere donna nel Medioevo.
Il 12 maggio 1003 muore a 63 anni Gerberto d'Aurillac, già abate di Bobbio, arcivescovo di Reims e di Ravenna, papa con il nome di Silvestro II. Dialettico, matematico e inesauribile bibliofilo, l'inafferrabile papa dell'anno Mille è stato uno straordinario protagonista del Medioevo europeo e dell'evoluzione del sapere sperimentale. Si narrava tuttavia che fosse diventato famoso e potente grazie ai favori del diavolo. I detrattori e gli inesauribili avversari delle sue scalate al potere hanno osteggiato in ogni modo la sua cultura eterodossa. In un intreccio di scienza e magia, di vita reale e di leggenda ha così preso forma un mito che va oltre la biografia del personaggio e oltre il Medioevo, in un mutevole paesaggio di episodi e avventure che si organizzano in un indimenticabile quadro storico.
La storia di Gerberto d'Aurillac, papa col nome Silvestro II, visita mondi sconosciuti di rabbie, solitudini, enigmi, sortilegi, apparizioni e paure, dove si rischia Satana per amare Dio, si rischia di uccidere la scoperta del nuovo sfiorando l'abisso per descrivere le stelle. Da un'iscrizione scomparsa in una chiesa di Roma parte l'avventura allucinante di una lettura che mette la fantasia al centro dei meccanismi della conoscenza.