Qual era la lingua parlata da Adamo ed Eva nel Giardino dell'Eden? L'ebraico, il greco, il latino? Olender ripercorre il dibattito delle grandi discipline (filologia, linguistica comparata, storia delle religioni), mostrando come nel momento di massima "positivizzazione" delle scienze umane emerse una biforcazione tra Ariani e Semiti, decisiva per tutto il sistema culturale occidentale. Lo studioso ci conduce alle radici della nostra identità religiosa e culturale, e ci consente di intravedere come all'incrocio tra filologia e mitologia, tra religione e scienza si stagliano, già nell'800, come scrive Jean-Pierre Vernant nell'introduzione "quasi sullo sfondo oscuro di un quadro le ombre dei lager e il fumo dei forni".
Ogni comunità dà vita a una storia che si sviluppa nel tempo. Trasformarla in razza significa bloccarla in un passato senza presente né avvenire, condannarla a diventare una razza senza storia con un destino assegnato e fissato una volta per tutte. I gruppi definiti come "razze" diventano immobili della storia, incapaci del minimo cambiamento sociale, religioso, economico o politico. A quanti sono rinchiusi in questo cerchio magico senza possibilità d'uscita, è come se dicessimo: "Voi resterete sempre gli stessi." Nell'età del colonialismo, tra XIX e XX secolo, le scienze si sono occupate di pensare, classificare, legittimare le "razze umane": la storia del pensiero degli ultimi cinquant'anni è stata capace di riscattarsi? Maurice Olender conduce il lettore tra le ombre che questa idea proietta fino ai giorni nostri, e nella prefazione a questa edizione italiana presenta un primo approccio storiografico alle "figure metafisiche della razza" che emergono dai "Quaderni neri", ancora in parte inediti, di Martin Heidegger.