Dalle coltivazioni della Terra dei fuochi alle fabbriche di Pomigliano, dai merluzzi di Somma Vesuviana alle strade della periferia di Ercolano, fino alla nuova Pompei nata duemila anni dopo l'eruzione del 79 d. C.: Il Vesuvio universale è il ritratto di una terra di prepotente bellezza, che brulica di vita e non ha intenzione di arrendersi, nemmeno alla minaccia del vulcano che la sovrasta.
“Gli abitanti del Vesuvio sono abituati a tenere conto di una vita sotterranea ricca e piena di sorprese, indipendente dalla loro volontà, estranea all'universo concettuale umano, a sentirsi frantumi di lapilli, volute di fumo, impercettibili grumi di tempo nella vertigine millenaria in cui affonda l'esistenza del vulcano”.
Nel 79 d. C. Ercolano e Pompei furono distrutte dall'esplosione improvvisa e devastante del Vesuvio. Investiti dalla lava, pietrificati in un'eterna fuga fallita, i corpi di Pompei attraggono ogni anno migliaia di turisti. L'ultima eruzione del vulcano è stata nel 1944. Oggi il Vesuvio è inerte, e la sua calma apparente, replicata all'infinito sullo sfondo delle foto scattate da Posillipo. Ma se con l'obiettivo si ingrandisse al massimo quella montagna di fuoco, più che le rocce laviche e la cenere, sarebbero nitide le case, le strade, le macchine, le persone, ammassate in paesi più o meno piccoli, abbarbicati sui suoi fianchi. Alle pendici del Vesuvio si sviluppa, infatti, non una città, non una periferia, ma una conurbazione, un territorio con decine e decine di centri abitati che ha una densità di popolazione più alta di quella di Milano e Roma. Da sempre qui, immemori - o noncuranti - del pericolo, gli uomini hanno tenacemente coltivato, proliferato, costruito, distrutto, inquinato, pregato. Chi vive nei paesi vesuviani sembra davvero convinto che il vulcano non si risveglierà mai più. «Sarebbe fuorviante e frustrante cercare spiegazioni solo nell'ostinazione pervicace e incosciente», dice Maria Pace Ottieri che per capire quella terra è andata ad ascoltare le voci e le storie di chi ci vive. E allora c'è la famiglia Fortunio, che a Somma Vesuviana ha costruito un impero sul pesce dei lontani mari del Nord; c'è Tonino 'O Stocco, che costruisce e suona tammorre che accompagnano i canti e i balli popolari; c'è Lucio Zurlo, che insegna boxe nella sua palestra in un quartiere difficile di Torre Annunziata; ci sono le voci di Radio Siani con il loro impegno per la legalità; ci sono i morti ammazzati, dal lavoro, dal terremoto, dalla povertà, o da chi nessuno osa accusare. In un'instancabile “quête” tra passato e presente, tra i fasti antichi delle ville romane e i roghi tossici della Terra dei fuochi, tra ricordi leopardiani e interi quartieri abusivi, al ritmo delle traballanti corse della Circumvesuviana, Maria Pace Ottieri intraprende un viaggio alla scoperta delle tante esistenze che resistono in bilico sul cratere.
Nell'India splendente del boom economico, centinaia di milioni di persone non riescono a mangiare due volte al giorno. Analfabeti, oppressi dalla povertà e dalla divisione in caste, vivono in uno stato costante di paura e insicurezza. Da trentacinque anni, la "Scuola dei piedi nudi" di Bunker Roy cerca di migliorare la vita dei contadini insieme a loro, offrendo risultati tangibili: trovare acqua per irrigare la terra, curare le malattie, vedere i propri figli frequentare la scuola. A Tilonia, migliaia di giovani che nessuno avrebbe impiegato sono addestrati a una professione. I criteri per la selezione sono semplici: devono essere poveri e analfabeti. La speranza è che un giorno siano in grado di stare in piedi da soli, guardando al mondo come esseri umani.