"Le terre dello sciacallo" è la prima grande opera di Amos Oz, una raccolta di racconti dall'ampio respiro che ha segnato l'affermazione dello scrittore. Nove storie sono ambientate in un kibbutz, l'ultima, invece, è una specie di parabola ambientata in tempi biblici. In questo libro l'Israele di oggi ancora non esiste, ci sono solo piccoli agglomerati di abitazioni e di campi coltivati che, dopo il tramonto, precipitano nel buio e nel silenzio, circondati dall'ignoto. Lì vivono uomini, donne e bambini impegnati in un ambizioso progetto utopico, spinti dal desiderio di fondare una patria ma anche dall'aspirazione a una vita diversa, a nuovi rapporti tra le persone, a una speranza di rigenerazione. Pionieri, sabra, intellettuali europei e rifugiati che hanno un sogno, che hanno combattuto guerre, dato forma a un'ideologia politica per forgiare una nazione. Ma la realtà non è dolce come il sogno. Sono storie conturbanti, sensuali, poetiche e spietate. E lo sciacallo, che insegue il lettore pagina dopo pagina, ulula nella notte fuori dai cancelli.
A più di dieci anni dall'uscita di «Contro il fanatismo», Amos Oz ha sentito la necessità di ritornare sul tema con tre nuove riflessioni che riprendono il discorso rielaborandolo, ampliandolo e aggiornandolo. Il filo conduttore è ancora una volta una disamina del fanatismo unita a una pacata apologia della moderazione. A prescindere dal tipo di fede e dal contesto in cui il fanatismo - religioso, politico o culturale - si esprime, esso è per Amos Oz il vero nemico del presente.
"Sulla scrittura, sull'amore, sulla colpa e altri piaceri" è un dialogo sulla vita e sulla scrittura, ma la voce di Shira Hadad, la editor di Amos Oz, è in fondo la coscienza del grande scrittore, che gli pone domande sul proprio passato, sui temi che l'hanno coinvolto, sulla sua intimità di uomo e scrittore. Ne scaturisce un ritratto a tutto tondo, una sorta di testamento artistico, spirituale e familiare. Un autoritratto di Amos Oz in forma di dialogo.
Un uomo che di fronte al proprio inesorabile declino constata l'amara dissipazione delle occasioni perdute, una banda di sgangherati crociati che non arriveranno mai in Terra Santa: due storie molto lontane fra loro nel tempo e nello spazio, ma che raccontano in fondo la stessa malinconia di vivere, la stessa disperata ricerca di un senso per se stessi e per il mondo. Con il suo sguardo lucido e profondo, Amos Oz conduce il lettore in una Tel Aviv e un Israele che non esistono più, in un'Europa arcaica e crudele: al cuore di tutto c'è un'umanità in cui, malgrado la distanza, non si può fare a meno di riconoscersi.
Yoel è un uomo del servizio segreto israeliano. Ha imparato la sottile arte dell'ascoltare, del guardare e dello scoprire. Dopo la morte della moglie in un incidente, si ritrova solo di fronte a una realtà ben altrimenti misteriosa: chi era veramente sua moglie Ivria, su quali segrete complicità si basava il loro rapporto? E ancora: di che pasta è fatta sua figlia, come provare a capirla e venirle incontro? Dopo le dimissioni dai servizi segreti Yoel crede per un attimo di poter applicare alla propria esistenza modi e metodi appresi nei lunghi anni di esercizio: appostamenti, confidenze rubate, induzione e deduzione. Eppure c'è qualcosa che continua a resistergli. È come se i suoi occhi dovessero trovare una diversa, difficile, dolorosa messa a fuoco. Cominciando a lasciarsi contaminare dai piccoli eventi della quotidianità, nonché dai molti diversi personaggi che la abitano, dietro il mistero Yoel scopre una totale spaesante assenza di mistero.
A più di dieci anni dall'uscita di «Contro il fanatismo», Amos Oz sente la necessità di ritornare sul tema con tre nuove riflessioni che riprendono il discorso rielaborandolo, ampliandolo e aggiornandolo. Il filo conduttore è ancora una volta una disamina del fanatismo unita a una pacata apologia della moderazione. A prescindere dal tipo di fede e dal contesto in cui il fanatismo - religioso, politico o culturale - si esprime, esso è per Amos Oz il vero nemico del presente. Accanto a questo tema Oz torna anche sulla situazione attuale del Medio Oriente e del conflitto israelo-palestinese.
A Mezudat Ram, un kibbutz isolato nel Nord del paese, circondato da nemici e sormontato dall'ombra di cupe montagne, si svolge la vita di una comunità di coloni, dediti all'agricoltura e all'allevamento, allo sport, alla musica, al dibattito, ma soprattutto alla purificazione. A trent'anni dalla fondazione del kibbutz, infatti, sono essenzialmente gli ideali di miglioramento personale e collettivo che sostengono i kibbutzim e il miglioramento si attua anche grazie al pettegolezzo. Questo spiega la voce narrante di un colono che guida il lettore - non senza malizia e ironia - alla scoperta degli abitanti del kibbutz, concentrandosi soprattutto sulla famiglia di Ruben Harish. Questi è tra i più convinti sostenitori di una vita pacifica e collettiva, l'instancabile cantore delle virtù di un'esistenza semplice e illuminata, il poeta del kibbutz. La moglie Eva lo ha abbandonato per fuggire con un cugino in visita a Mezudat Ram come turista. Si è sposata, vive in Germania e aiuta il nuovo marito a gestire un night-club. Ruben lo ha accettato senza lamentarsi, sprofondando in una tristezza nobilitata dai doveri di maestro, guida turistica e poeta. È rimasto solo col figlio Gai e la figlia Noga e, per consolarsi, ha iniziato una blanda relazione con un'amica, Bronka, un'insegnante sposata, madre di due figli. Ma Noga, che ha sedici anni, sembra aver ereditato la grazia e l'irrequietezza della madre; Ezra, il marito di Bronka, un camionista appassionato di Bibbia che cita frasi sagge, diversamente da Ruben sa vivere le proprie emozioni. E quando dalla Germania arriva Zachariah, il fratello di Ezra, un personaggio misterioso e conturbante, le cui mire e comportamenti nessuno comprende, la comunità è gettata nello scompiglio.
Nel 1939, mentre i tedeschi avanzano in Polonia, Elisha Pomerantz, piccolo orologiaio ebreo con la passione della matematica e della musica, scappa nella foresta, lasciandosi dietro la bella e intelligente moglie Stefa. Stefa non si rende conto del pericolo, ma quando la situazione precipita, si chiude in casa, poi viene travolta anche lei dalla tempesta della guerra. Elisha, dopo aver errato per i boschi europei, arriva prima in Grecia e poi in Israele, dove trova rifugio in un piccolo kibbutz, e silenziosamente si rimette a riparare gli orologi, a cercare la musica nella matematica e la matematica nella musica. Stefa, invece, deportata in Unione Sovietica, è costretta a diventare una spia staliniana. E sognano di rivedersi. "Tocca l'acqua, tocca il vento" è un romanzo insolito per Amos Oz. Venato di realismo magico, ricco di simboli e di speculazioni filosofiche, a tratti misterioso, con momenti di grande dolcezza, racconta la fuga degli ebrei dallo sterminio europeo.
Mentre i tedeschi avanzano in Polonia nel 1939, Elisha Pomeranz, piccolo orologiaio ebreo con la passione della matematica e della musica, scappa nella foresta, lasciandosi dietro la bella e intelligente moglie Stefa. Stefa non vede il pericolo arrivare. È persino iscritta al circolo Goethe della cittadina, anzi ne è una delle star! Ma quando la situazione peggiora, prima si chiude in casa, poi finisce in un campo di concentramento e infine si ritrova in Russia, costretta ad accettare di diventare un'agente sovietica. Elisha, dopo aver peregrinato per i boschi europei, essere stato catturato e poi rilasciato, arriva prima in Grecia e poi in Israele, dove va a vivere in un piccolo kibbutz, e silenziosamente si rimette a riparare gli orologi, a cercare la musica nella matematica e la matematica nella musica, quasi incredulo di aver forse trovato un'oasi da cui non deve fuggire. Stefa ed Elisha sognano di rivedersi ma nel frattempo si avvicina un'altra guerra e tutto sembra di nuovo crollare.
Gerusalemme, l'inverno tra la fine del 1959 e l'inizio del 1960. Shemuel Asch decide di rinunciare agli studi universitari, e in particolare alla sua ricerca intitolata Gesù visto dagli ebrei, a causa dell'improvviso dissesto economico che colpisce la sua famiglia e del contemporaneo abbandono da parte della sua ragazza, Yardena. Shemuel è sul punto di lasciare Gerusalemme quando vede un annuncio nella caffetteria dell'università. Vengono offerti alloggio gratis e un modesto stipendio a uno studente di materie umanistiche che sia disposto a tenere compagnia, il pomeriggio, a un anziano disabile di grande cultura. Quando si reca all'indirizzo riportato nell'annuncio, Shemuel trova una grande casa abitata da un colto settantenne, Gershom Wald, e da una giovane donna misteriosa e attraente, Atalia Abrabanel. Si trasferisce nella mansarda e inizia a condurre una vita solitaria e ritirata, intervallata dai pomeriggi trascorsi nello studio di Gershom Wald. Chi è veramente Atalia? Cosa la lega a Gershom? Di chi è la casa dove vivono? Quali storie sono racchiuse tra quelle mura? Shemuel Asch troverà la risposta nel concetto di tradimento, non inteso in senso tradizionale, bensì ancorato all'idea che si ritrova nei Vangeli gnostici, dove emerge che il tradimento di Giuda, aver consegnato Gesù alle autorità e a Ponzio Pilato, non fu altro che l'esecuzione di un ordine di Gesù stesso per portare a termine il suo disegno.