«Assemblando i pezzi del mio racconto, come raccogliendo in un album le istantanee scattate in questi anni, mi accorgo che ho a che fare con tante narrazioni contrastanti, ciascuna contenente uno scampolo di verità. E ho la conferma che i nostri umori e la nostra sorte sono nelle mani dell'informazione». Dal 2008 ogni sera, nel programma Otto e Mezzo, Paolo Pagliaro seleziona e commenta in due minuti un fatto particolarmente rilevante o significativo della giornata. Una sorta di diario pubblico che si interroga sulle grandi e piccole trasformazioni che hanno riguardato l'economia, la comunicazione, le abitudini sociali, la demografia e l'ambiente nel nostro paese. Siamo ricchi o siamo poveri? È vero che il lavoro ci sarebbe per tutti, se solo volessimo? Dove ci sta portando e come si arresta il declino demografico? Ambientalismo significa pale eoliche e pannelli solari, oppure nulla di tutto questo, se il prezzo è una modifica del paesaggio? E quanta parte della nostra vita si sta trasferendo online? Domande che si prestano a innumerevoli esercizi ideologici e che costituiscono altrettanti aspetti controversi, ma essenziali, della nostra autoconsapevolezza di italiani.
Colonizzato dai social network, il terreno dell'informazione è minato da «post-verità». Contano più le emozioni che i fatti. Più le suggestioni che i pensieri. Più lo storytelling che le storie. Più la propaganda che le notizie. E dunque più le bugie che il racconto veritiero dei fatti. È un virus che infetta la rete, l'informazione, la politica - ridotta a comunicazione - e l'etica pubblica. Ma arginare e sconfiggere questa deriva si può.