"Casa chiusa" di Diego De Silva si sviluppa tutta all'interno di una camera da letto in cui un uomo e una donna discutono tra loro di una terza persona amata da entrambi. "L'incognita 'Mah'" di Valerla Parrella mostra una cartomante trans-televisiva dalla vena tipicamente comica in un dialogo surreale con la moglie di un cliente passata a miglior vita. "La soluzione" di Antonio Pascale è ambientata in una Napoli nobiliare dove un padre dilapida il patrimonio di famiglia e una figlia viene confinata in un limbo perché non abbia nulla da pretendere. Tre pièces dove Napoli, la sua lingua, il suo microclima esistenziale, la sua morfologia antropologica, costituiscono il tema e nello stesso tempo il perimetro delle fughe nell'immaginario, degli altrove narrativi e drammaturgici in cui si muovono i diversi protagonisti.
Qualcuno ricorderà il dilemma giornalistico lanciato sulle pagine di "Repubblica" da Pietro Citati secondo il quale il sapore dei pomodori non è più quello di una volta. Quale fondo di verità abbiano simili discorsi se lo chiede Antonio Pascale che, oltre a essere una delle voci sicure della narrativa italiana contemporanea, è anche agronomo. E da scienziato si misura con gli interrogativi e i timori della scienza che la grande discussione bioetica di questi ultimi anni ha portato tra di noi. Lo fa attraverso una riflessione originale e pragmatica, che parte dal dato quotidiano, per poi spingersi, con ironia e piedi in terra, attraverso le ossessioni, i timori, i luoghi comuni legati al mondo della scienza così come viene comunemente percepito.