Un dialogo tra pensiero antico e pensiero moderno, tra Occidente e Oriente: un «alfabeto» - e non «dizionario» - filosofico, perché l'elenco dei concetti proposti non si pone come premessa per giungere a una definizione conclusiva, ma come pretesto per mantenere aperto un campo di discussione e riflessione da parte del lettore. Un elenco esemplare di alcune idee che si sono formate e consolidate nella storia del pensiero, ma che continuano a dimostrarsi talmente feconde da rimanere aperte a sempre nuove interpretazioni prodotte da un lavoro filosofico inteso come sapere critico che non ha né sede né fine.
Presentate come vie di salvezza e di pace oppure come un atavico e violento inganno, le multiformi esperienze religiose hanno vinto la sfida della secolarizzazione e restano cruciali per capire il nostro tempo. "Fattore R" offre una guida agile e autorevole per penetrarne il senso e prospettarne il futuro. In questo volume dedicato al buddhismo, religione che raccoglie e propone un'esperienza umana, si parla di: - Una via di salvezza universale e razionale; - La speciale posizione del buddhismo tra religione e filosofia; Il pensiero del Buddha in sintesi; - L'importanza della meditazione; - L'etica buddhista, in continuità e discontinuità con l'etica indù; - Pratiche e motivazioni della nonviolenza; - La "modernità" del buddhismo. Inoltre, le fonti e i grandi patriarchi del buddhismo.
La globalizzazione dell'economia e delle comunicazioni impone nuove questioni alla cultura e, in particolare, alla filosofia occidentale. La prima è sollecitata a rispondere alla domanda: la pluralità delle culture va 'sistemata' con prospettive multiculturali, oppure queste vanno superate nel più ampio orizzonte dell'intercultura? La filosofia occidentale, da parte sua, deve porsi il problema se continuare a ritenersi l'unica depositaria del pensiero, o riconoscere finalmente che anche altre civiltà hanno prodotto riflessioni degne del nome 'filosofia'; e, se ammette che questo riconoscimento è necessario, come esso deve avvenire? In un senso evolutivo, come ha fatto Hegel? O mediante un semplice confronto comparativo? O attraverso un dialogo radicale? Queste sono alcune delle questioni cruciali alle quali gli scritti che compongono questo volume tentano di dare una prima risposta in modo non puramente descrittivo, ma con un'intenzione propositiva.
Dai templi buddhisti con i loro kami (spiriti) alla raffinatezza dei giardini secchi (karesansui), dalle meraviglie della cucina (kaiseki) alle sorprese del sakè e del chado (cerimonia del tè), dal fascino dell'arte della scrittura all'antico uso degli origami. Un breve ma denso resoconto di un soggiorno in Giappone, con qualche rapido sguardo alla vita metropolitana, ma con l'attenzione rivolta soprattutto agli aspetti più originali della tradizione artistica, religiosa ed estetica di questo Paese. A tutto fa da sfondo una natura che per lo shinto è matrice dell'esistenza e di ogni essere vivente, indomita e venerata in ogni sua manifestazione.
Quando culture filosofiche d'Occidente hanno incontrato pensieri d'Oriente, hanno assunto, in generale, due diversi atteggiamenti: o uno sguardo troppo distaccato, interessato solo a rivendicare le proprie superiorità; oppure uno sguardo troppo innamorato, interessato soprattutto ad esaltare le superiorità altrui. In "East & West" non si prende a modello nessuno di questi atteggiamenti, consapevoli che entrambi possono condurre alla distruzione di identità: quello "eurocentrico" rischiando di imporre nuove forme di colonialismo alle culture d'Oriente, quello "esotico" condannando senza riserve le culture dell'Occidente moderno.
L'Occidente rimane spesso sconcertato di fronte alle forme prodotte dalle arti tradizionali di Cina e Giappone. La ricerca di Giangiorgio Pasqualotto intende superare questa sorta di smarrimento delineando l'esperienza del vuoto come fonte primaria di alcune fondamentali forme d'arte che hanno reso celebri e del tutto originali quelle tradizioni: la cerimonia del tè, la pittura ad inchiostro, la poesia haiku, l'ikebana, l'arte dei giardini secchi, il teatro no. Andando alle radici dell'esperienza del vuoto si scopre che essa emerge, ancora prima che da riflessioni teoriche, da una pratica di meditazione che può realizzare condizioni di vuoto produttivo nella mente, nel cuore e nel corpo non solo dell'artista ma anche di chi ne apprezza le opere.