"La campagna mediatica, spasmodica e martellante, che ha portato alla legalizzazione dell'aborto, si è basata in Italia (così come in molti Paesi del mondo), sulla necessità di porre fine alla 'piaga' dell'aborto clandestino. L'aborto legale fu presentato come il 'male minore' rispetto al "male maggiore" di milioni di aborti clandestini e migliaia di donne che morivano a causa delle 'mammane'. La legalizzazione dell'aborto avrebbe, perciò, permesso di raggiungere due fondamentali obiettivi: cancellare l'aborto illegale e i suoi pericoli e, grazie alla pratica assistita negli ospedali, tutelare la salute e la vita delle donne. Il 22 maggio 1978, con la legge n. 194, il Parlamento italiano legalizzava l'interruzione volontaria della gravidanza. Oggi, dopo quasi quarant'anni di applicazione della legge 194, possiamo decretare con certezza il suo fallimento: nessuno dei due obiettivi basilari che si trovano alla radice della legalizzazione dell'aborto è stato raggiunto".
In questo libretto presenterò ai lettori tre saggi. "Lo chiamano grumo" è il racconto del cammino che ogni piccolo d'uomo compie all'interno del grembo materno, a partire dal concepimento in poi. Un percorso irto di ostacoli che, per moltissimi di questi piccoli, sarà ad un certo punto bruscamente interrotto. In "Fragilità femminile: l'impostura diventata legge" sarà messo in discussione l'articolo 4 della legge n. 194 sull'interruzione volontaria della gravidanza, evidenziando, attraverso riflessioni e testimonianze, come la fragilità psico-fisica femminile, enunciata a giustificazione dell'aborto, sia in realtà una mera menzogna, che non fa onore al genio femminile né alla dignità della donna. Infine, con "Cambiare la parole non cambia il senso delle cose, né il cuore" faremo un viaggio all'interno del moderno linguaggio della correttezza politica, che oggi trova un fertile terreno particolarmente nell'ambito della bioetica.